Carme 97-98-99

97 – Non (ita me di ament) quicquam referre putavi, utrumne os an culum olfacerem Aemilio. nilo mundius hoc, nihiloque immundius illud, verum etiam culus mundior et melior: nam sine dentibus est. hic dentis sesquipedalis, gingivas vero ploxeni habet veteris, praeterea rictum qualem diffissus in aestu meientis mulae cunnus habere solet. hic futuit multas et se facit esse venustum, et non pistrino traditur atque asino? quem siqua attingit, non illam posse putemus aegroti culum lingere carnificis?
98 – In te, si in quemquam, dici pote, putide Victi,id quod verbosis dicitur et fatuis.ista cum lingua, si usus veniat tibi, possisculos et crepidas lingere carpatinas.si nos omnino vis omnes perdere, Victi,hiscas: omnino quod cupis efficies.
99 – Surripui tibi, dum ludis, mellite Iuventi,suaviolum dulci dulcius ambrosia.verum id non impune tuli: namque amplius horamsuffixum in summa me memini esse cruce,dum tibi me purgo nec possum fletibus ullistantillum vestrae demere saevitiae.nam simul id factum est, multis diluta labellaguttis abstersisti omnibus articulis,ne quicquam nostro contractum ex ore maneret,tamquam commictae spurca saliva lupae.praeterea infesto miserum me tradere amorinon cessasti omnique excruciare modo,ut mi ex ambrosia mutatum iam foret illudsuaviolum tristi tristius elleboro.quam quoniam poenam misero proponis amori,numquam iam posthac basia surripiam.

97 – Non (davvero mi amino gli dei!) pensai di riferire nulla, se dovessi fiutare la bocca o il culo ad Emilio. Per nulla più mondo questo, e per nulla più immondo quella, anzi davvero più mondo e migliore il culo: infatti è senza denti. Questa ha denti fuori misura, poi gengive di vecchia cassa di carro, inoltre è solito avere una bocca aperta come la vulva spaccata d’una mula in calore che piscia. Costui ne ha fottute molte e si crede essere carino, e non è messo alla macina ed all’asino? Se una lo tocca, penseremmo che non possa leccare il culo di un boia malato.
98 – Contro te, se contro qualcuno, si può dire, Vizzio, ciò che si dice ai ciarloni ed agli stupidi. Con quella lingua, se ti capitasse il caso, potresti leccare i culi e le scarpe di cuoiaccio. Se ci vuoi far crepare tutti, Vizzio, apri bocca: realizzerai del tutto ciò che desideri.
99 – Ti rubai, mentre giocavi, mielato Giovenzio, un bacetto più dolce della dolce ambrosia. Ma non l’ho passata impunemente: ma più d’un’ora mi ricordo di essere stato piantato in cima ad una croce, mentre per te mi purgavo né potevo con alcun pianto togliere un pochino della vostra crudeltà. Appena infatti ciò accadde, astergesti i labbrucci bagnati di molte gocce con tutte le dita, che non rimanesse nulla contatto dalla nostra bocca, come per la sporca saliva d’una scompisciata lupa. Inoltre non cessasti di consegnare me misero ad un crudele amore e tormentarmi in ogni modo, perché da ambrosia mi fosse mutato ormai quel bacetto più triste del triste elleboro. Poiché una tal pena proponi al misero amore, mai più in futuro ruberò dei baci.