De Bello Civili, III, 1

Dictatore habente comitia Caesare consules creantur Iulius Caesar et P. Servilius: is enim erat annus, quo per leges ei consulem fieri liceret. His rebus confectis, cum fides tota Italia esset angustior neque creditae pecuniae solverentur, constituit, ut arbitri darentur; per eos fierent aestimationes possessionum et rerum, quanti quaeque earum ante bellum fuisset, atque hac creditoribus traderentur. Hoc et ad timorem novarum tabularum tollendum minuendumve, qui fere bella et civiles dissensiones sequi consuevit, et ad debitorum tuendam existimationem esse aptissimum existimavit. Itemque praetoribus tribunisque plebis rogationes ad populum ferentibus nonnullos ambitus Pompeia lege damnatos illis temporibus, quibus in urbe praesidia legionum Pompeius habuerat, quae iudicia aliis audientibus iudicibus, aliis sententiam ferentibus singulis diebus erant perfecta, in integrum restituit, qui se illi initio civilis belli obtulerant, si sua opera in bello uti vellet, proinde aestimans, ac si usus esset, quoniam aui fecissent potestatem. Statuerat enim prius hos iudicio populi debere restitui, quam suo beneficio videri receptos, ne aut ingratus in referenda gratia aut arrogans in praeripiendo populi beneficio videretur.

Nei comizi che si tennero sotto la dittatura di Cesare, furono eletti consoli Giulio Cesare e Publio Servilio; era quello infatti l’anno in cui, a termini di legge, egli poteva accedere di nuovo al consolato. Fatto ciò, poiché in tutta l’Italia il credito era in una situazione piuttosto grave, e i debiti non venivano pagati, stabilì che venissero nominati degli arbitri, che procedessero alla stima dei beni mobili e immobili, in base al loro valore di prima della guerra, per soddisfare con questi i creditori. Ritenne che questo fosse il provvedimento più adatto ad eliminare o almeno a diminuire il timore della cancellazione dei debiti, normale conseguenza delle guerre e delle discordie civili, e a salvaguardare il credito dei debitori. Parimenti, su proposta presentata al popolo dai pretori e dai tribuni della plebe, riabilitò alcuni cittadini condannati per broglio elettorale in base alla legge Pompea, nel periodo in cui Roma era presidiata dalle legioni di Pompeo e le sentenze venivano emesse da giudici diversi da quelli che avevano seguito la causa, e il tutto veniva liquidato in una sola giornata. Questi cittadini si erano messi a sua disposizione fin dall’inizio della guerra civile, nel caso volesse servirsi di loro nel conflitto, ed egli si comportava come se se ne fosse servito, poiché gli avevano dato la loro disponibilità. Aveva infatti stabilito che costoro dovevano essere reintegrati nei loro diritti con una pubblica sentenza, piuttosto che sembrare riabilitati dal suo personale favore, questo per non sembrare ingrato nel restituire un favore o arrogante nell’attribuire a se stesso la facoltà di accordare un beneficio che spettava al popolo concedere.