Orationes, In Catilinam, IV, 20 (“Cicerone padre della patria”)

Nunc, antequam ad sententiam redeo, de me pauca dicam. Ego, quanta manus est coniuratorum, quam videtis esse permagnam, tantam me inimicorum multitudinem suscepisse video; sed eam esse iudico turpem et infirmam et [contemptam et] abiectam. Quodsi aliquando alicuius furore et scelere concitata manus ista plus valuerit quam vestra ac rei publicae dignitas, me tamen meorum factorum atque consiliorum numquam, patres conscripti, paenitebit. Etenim mors, quam illi fortasse minitantur, omnibus est parata; vitae tantam laudem, quanta vos me vestris decretis honestastis, nemo est adsecutus. Ceteris enim bene gesta, mihi uni conservata re publica gratulationem decrevistis.

Ora, prima che io torni alla mia opinione, dirò poche cose di me stesso. Io vedo che quanto è ampia l’accolta dei congiurati, che voi vedete essere amplissima, tanta congerie di nemici ho guadagnato; ma io la giudico turpe, debole, disprezzabile ed abbietta. Che se, per avventura, per la furia delittuosa di qualcuno, questa accolta dovesse valere più della dignità vostra e della Repubblica, io, tuttavia, o Padri coscritti, mai mi pentirei delle mie azioni e dei miei consigli. Infatti la morte, che quelli forse mi minacciano, è pronta di fronte a tutto; nessuno ha ottenuto tanta lode di vita quanta voi mi avete attribuito con le vostre deliberazioni. Voi, infatti, a tutti gli altri avete decretato il ringraziamento per le cose ben fatte, solo a me per aver salvato la Repubblica.