Orationes, Pro Sestio, XIX, 42-43

Haec ergo cum viderem,­ neque enim erant occulta, ­senatum, sine quo civitas stare non posset, omnino de civitate esse sublatum; consules, qui duces publici consili esse deberent, perfecisse ut per ipsos publicum consilium funditus tolleretur; eos qui plurimum possent opponi omnibus contionibus falso, sed formidolose tamen, auctores ad perniciem meam; contiones haberi cotidie contra me; vocem pro me ac pro re publica neminem mittere; intenta signa legionum existimari cervicibus ac bonis vestris falso, sed putari tamen; coniuratorum copias veteres et effusam illam ac superatam Catilinae importunam manum novo duce et insperata commutatione rerum esse renovatam: ­haec cum viderem, quid agerem, iudices? Scio enim tum non mihi vestrum studium, sed meum prope vestro defuisse. Contenderem contra tribunum plebis privatus armis? Vicissent improbos boni, fortes inertis; interfectus esset is qui hac una medicina sola potuit a rei publicae peste depelli. Quid deinde? Quis reliqua praestaret? Cui denique erat dubium quin ille sanguis tribunicius, nullo praesertim publico consilio profusus, consules ultores et defensores esset habiturus? Cum quidam in contione dixisset aut mihi semel pereundum aut bis esse vincendum. Quid erat bis vincere? Id profecto, ut, (si) cum amentissimo tribuno plebis decertassem, cum consulibus ceterisque eius ultoribus dimicarem.

Quindi poiché vedevo queste cose (e infatti non sono state nascoste), cioè che il senato, senza il quale una città non può rimanere salda, è del tutto abolito dalla città; che i consoli, che dovrebbero essere i comandanti delle decisioni pubbliche, hanno fatto in modo che le decisioni pubbliche fossero completamente abolite attraverso di loro; che coloro che hanno moltissimo potere si oppongono a tutte le assemblee falsamente, ma tuttavia paurosamente, e sono gli autori della mia sventura; che si tengono quotidianamente assemblee contro di me; che nessuno emette sentenze per me o per lo stato; le antiche truppe di congiurati e quella lotta pericolosa di Catilina sciolta e sconfitta da un nuovo comandante e da un insperato cambiamento delle cose, è stata restaurata: vedendo queste cose, cosa avrei dovuto fare, giudici? So infatti che allora non manca a me la vostra passione, ma la mia manca quasi alla vostra. Avrei dovuto lottare contro il tribuno della plebe privato delle armi? Supponiamo che gli onesti avessero sopraffatto i malvagi, e i forti i deboli; colui che con quest’unica medicina ha potuto essere allontanato dalla rovina dello stato sarebbe stato ucciso. E quindi? Chi avrebbe potuto fare le restanti cose? C’era qualche dubbio che tutt’al più il sangue di quel tribuno – soprattutto perché versato senza pubblico avallo – avrebbe avuto i consoli in veste di propri difensori e vendicatori? C’è stato uno, in una pubblica assemblea, che ha affermato che io sarei dovuto morire o risultare due volte vittorioso. Che voleva significare quel vincere due volte? Con buona probabilità, il fatto che (se) mi fossi scontrato con un tribuno della plebe, fosse anche il più dissennato, avrei dovuto affrontare anche i consoli e gli altri suoi vendicatori.