Noctes Atticae, V, 9

Historia de Croesi filio sumpta ex Herodoti libris. Filius Croesi regis, cum iam fari per aetatem posset, infans erat et, cum iam multum adolevisset, item nihil fari quibat. Mutus adeo et elinguis diu habitus est. Cum in patrem eius bello magno victum et urbe, in qua erat, capta hostis gladio educto regem esse ignorans invaderet, diduxit adulescens os clamare nitens eoque nisu atque impetu spiritus vitium nodumque linguae rupit planeque et articulate elocutus est clamans in hostem, ne rex Croesus occideretur. Tum et hostis gladium reduxit, et rex vita donatus est, et adulescens loqui prorsum deinceps incepit. Herodotus in historiis huius memoriae scriptor est, eiusque verba sunt, quae prima dixisse filium Croesi refert: Anthrope, me kteine Kroison. Sed et quispiam Samius athleta, – nomen illi fuit Echeklous – cum antea non loquens fuisset, ob similem dicitur causam loqui coepisse. Nam cum in sacro certamine sortitio inter ipsos et adversarios non bona fide fieret et sortem nominis falsam subici animadvertisset, repente in eum, qui id faciebat, videre sese, quid faceret, magnum inclamavit. Atque is oris vinculo solutus per omne inde vitae tempus non turbide neque adhaese locutus est.

Storia del figlio di Creso, tratta dall’opera di Erodoto. Il figlio del re Creso, all’età in cui poteva parlare, non ne era capace, ed anche crescendo negli anni non riusciva ad articolar parola. Pertanto per molto tempo lo ritennero muto e senza l’uso della lingua. Un giorno in cui Creso era stato sconfitto in una grande battaglia e la città, in cui si trovava, occupata, il giovane principe vedendo un nemico che senza sapere che era il re, tratta la spada, si rivolgeva contro suo padre, aprì la bocca tentando di gridare; per lo sforzo fatto e la violenza del soffio, si ruppe l’impedimento e l’intoppo della lingua, e chiaramente e distintamente gridò al nemico che non uccidesse il re Creso. Nello stesso istante il nemico rifoderò la spada, il re fu salvo e il giovane da allora incominciò a parlare. E’ Erodoto che nelle sue Storie riferisce questo fatto e cita la parole che il figlio di Creso avrebbe per prime pronunciate: Ánthrope, mè ktèine Kròison (uomo, non uccidere Creso). Ma anche di un atleta di Samo chiamato Echeklòus, che pure non sapeva parlare, si dice che riconquistasse la favella per una circostanza consimile. Infatti, durante una sacra competizione, vedendo che l’estrazione a sorte fra la sua squadra e i suoi avversari non avveniva regolarmente e si era fatto un sorteggio irregolare dei nomi, d’un tratto si mise a gridare ad alta voce, a colui che stava compiendo la frode, ch’egli s’era accorto di ciò che avveniva. Questo sforzo liberò la sua lingua dai legami che la trattenevano e per il resto di sua vita parlò senza difficoltà e senza intoppi.