Epitomae, IX, 8, vv. 11-21

Huic Alexander filius successit et virtute et vitiis patre maior. Itaque vincendi ratio utrique diversa. Hic aperta, ille artibus bella tractabat. Deceptis ille gaudere hostibus, hic palam fusis. Prudentior ille consilio, hic animo magnificentior. Iram pater dissimulare, plerumque etiam vincere; hic ubi exarsisset, nec dilatio ultionis nec modus erat. Vini nimis uterque avidus, sed ebrietatis diversa vitia. Patri mos erat etiam de convivio in hostem procurrere, manum conserere, periculis se temere offerre; Alexander non in hostem, sed in suos saeviebat. Quam ob rem saepe Philippum vulneratum proelia remisere, hic amicorum interfector convivio frequenter excessit. Regnare ille cum amicis nolebat, hic in amicos regna exercebat. Amari pater malle, hic metui. Litterarum cultus utrique similis. Sollertiae pater maioris, hic fidei. Verbis atque oratione Philippus, hic rebus moderatior. Parcendi victis filio animus et promptior et honestior. Frugalitati pater, luxuriae filius magis deditus erat. Quibus artibus orbis imperii fundamenta pater iecit, operis totius gloriam filius consummavit.

A costui (Filippo) successe il figlio Alessandro, superiore al padre sia nel bene che nel male. Ad esempio, adottarono diverse tattiche di vittoria: l’uno conduceva gli scontri frontali, l’altro ricorreva a sotterfugi; e così, quest’ultimo traeva personale soddisfazione dall’aver tratto in inganno i nemici, l’altro dall’averli sterminati senza mezzi termini. Quello fu più accorto in giudizio, questo di animo più grandioso. Filippo riusciva a non far trasparire la propria ira, e il più delle volte anche a soffocarla; questo (Alessandro), invece, una volta che s’era infiammato, la vendetta e il castigo trovavano libero e immediato sfogo. Entrambi erano provetti bevitori, ma sfogavano diversamente la propria ubriachezza molesta. Tipico del padre era passare direttamente dal banchetto al campo di battaglia, venire alle mani, esporsi ai pericoli senza timore; Alessandro infieriva non contro il nemico, ma contro i suoi amici; per la qual cosa, spesso Filippo tornava dai combattimenti con qualche ferita, Alessandro, altrettanto spesso, abbandonava il banchetto che aveva ucciso qualcuno dei suoi. Quello (Filippo) non gradiva circondarsi di persone del suo seguito nell’esercizio del potere; questi (Alessandro) pareva addirittura esercitare il potere a svantaggio dei suoi amici. Il padre ci teneva ad essere amato, il figlio ad esser temuto. Pari, in entrambi, l’amore per le belle lettere. Più portato alla critica il padre, più fedele alla tradizione il figlio. Filippo era più parco, tutto all’opposto il figlio. Nel figlio c’era un’animo più disposto e più genuino ad aver riguardo per gli sconfitti. Il padre era decisamente più dedito alla parsimonia; al figlio piaceva, invece, il lusso. Grazie a quelle disposizioni, Filippo gettò le fondamenta di un regno che coprisse l’intero mondo; il figlio portò a termine quel glorioso, universale disegno.