Ab urbe condita I, 30 (“Istituzioni politiche e militari di Tullio Ostilio”)

Roma interim crescit Albae ruinis. Duplicatur civium numerus; Caelius additur urbi mons, et quo frequentius habitaretur eam sedem Tullus regiae capit ibique habitavit. Principes Albanorum in patres ut ea quoque pars rei publicae cresceret legit, Iulios, Seruilios, Quinctios, Geganios, Curiatios, Cloelios; templumque ordini ab se aucto curiam fecit quae Hostilia usque ad patrum nostrorum aetatem appellata est. Et ut omnium ordinum viribus aliquid ex novo populo adiceretur equitum decem turmas ex Albanis legit, legiones et veteres eodem supplemento explevit et novas scripsit. Hac fiducia virium Tullus Sabinis bellum indicit, genti ea tempestate secundum Etruscos opulentissimae viris armisque. Vtrimque iniuriae factae ac res nequiquam erant repetitae. Tullus ad Feroniae fanum mercatu frequenti negotiatores Romanos comprehensos querebatur, Sabini suos prius in lucum confugisse ac Romae retentos. Hae causae belli ferebantur. Sabini haud parum memores et suarum virium partem Romae ab Tatio locatam et Romanam rem nuper etiam adiectione populi Albani auctam, circumspicere et ipsi externa auxilia. Etruria erat vicina, proximi Etruscorum Veientes. Inde ob residuas bellorum iras maxime sollicitatis ad defectionem animis voluntarios traxere, et apud vagos quosdam ex inopi plebe etiam merces ualuit: publico auxilio nullo adiuti sunt ualuitque apud Veientes – nam de ceteris minus mirum est – pacta cum Romulo indutiarum fides. Cum bellum utrimque summa ope pararent vertique in eo res videretur utri prius arma inferrent, occupat Tullus in agrum Sabinum transire. Pugna atrox ad siluam Malitiosam fuit, ubi et peditum quidem robore, ceterum equitatu aucto nuper plurimum Romana acies ualuit. Ab equitibus repente inuectis turbati ordines sunt Sabinorum, nec pugna deinde illis constare nec fuga explicari sine magna caede potuit.

Con la distruzione di Alba, Roma si espande, raddoppia la sua popolazione. Il colle Celio viene inserito nella città e, per spingere la gente a sceglierlo come residenza, Tullo lo elegge a sede permanente della reggia da quel momento in poi. La nobiltà albana (Giuli, Servili, Quinzi, Gegani, Curiazi e Cleli) ottenne nomine senatoriali, così che anche quella parte dello Stato potesse avere un incremento numerico. E come sede consacrata per questo strato sociale che egli stesso aveva aumentato di proporzioni creò la curia, che continuava ad avere il nome di Curia Ostilia ancora ai tempi dei nostri padri. E perché tutte le classi potessero crescere numericamente grazie al nuovo popolo, arruolò dieci plotoni di cavalieri, completò i ranghi delle vecchie legioni e ne creò di nuove, sempre attingendo esclusivamente alle forze alleate. Confidando in queste forze, Tullo dichiara guerra ai Sabini che, in quel tempo, eran secondi soltanto agli Etruschi per disponibilità di uomini e di armi. Entrambe le parti avevano causato danni senza poi mai farvi seguire alcuna riparazione. Tullo lamentava la cattura di alcuni mercanti romani nel pieno di una fiera nei pressi del tempio di Feronia. I Sabini sostenevano invece che tempo prima alcuni dei loro concittadini erano andati a rifugiarsi nel bosco sacro del santuario ed erano stati trattenuti a Roma. Questi erano i pretesti addotti per la guerra. I Sabini, però, non trascuravano che parte delle loro forze era stata trasferita a Roma da Tazio e che la potenza romana era cresciuta grazie alla recente annessione del popolo albano. Per questi motivi, cominciarono anch’essi a cercare aiuti dall’estero. Gli Etruschi erano vicini, ma ancora più vicini erano i Veienti. Presso questi ultimi, essendo il rancore dovuto alle recenti guerre un incentivo fortissimo alla rivolta, riuscirono a mettere insieme dei volontari e ad assoldare degli avventurieri senza né arte né parte attratti soltanto dall’opportunità di fare due soldi. Non venne fornito alcun aiuto ufficiale: Veio (e a maggior ragione gli Etruschi) restava fedele al suo trattato concluso con Romolo. Mentre l’una e l’altra parte si preparavano scrupolosamente alla guerra e sembrava che avrebbe avuto la meglio chi avesse aggredito per primo, Tullo anticipa i nemici e invade il territorio dei Sabini. Ci fu uno scontro tremendo presso la selva Maliziosa. I Romani ebbero la meglio grazie sì alla forza d’urto della loro fanteria, ma soprattutto grazie alla recente immissione di effettivi nella cavalleria. Fu proprio una carica improvvisa di cavalieri a seminare il panico tra le fila sabine; da quel momento in poi non furono più in grado né di tenere la propria posizione in battaglia, né di districarsi con la fuga senza incappare in perdite massicce.