Miles Gloriosus, II, 1

Palaestrio Mihi ad enarrandum hoc argumentum est comitas, si ad auscultandum vostra erit benignitas; qui autem auscultare nolet, exsurgat foras, ut sit ubi sedeat ille qui auscultare volt. nunc qua adsedistis causa in festivo loco, comoediai quam nos acturi sumus et argumentum et nomen vobis eloquar. Alazon Graece huic nomen est comoediae, id nos Latine gloriosum dicimus. hoc oppidum Ephesust; illest miles meus erus, qui hinc ad forum abiit, gloriosus, impudens, stercoreus, plenus periuri atque adulteri. ait sese ultro omnis mulieres sectarier: is deridiculost, quaqua incedit, omnibus. itaque hic meretrices, labiis dum ductant eum, maiorem partem videas valgis saviis. nam ego hau diu apud hunc servitutem servio; id volo vos scire, quo modo ad hunc devenerim in servitutem ab eo cui servivi prius. date operam, nam nunc argumentum exordiar. erat erus Athenis mihi adulescens optumus; is amabat meretricem * * matre Athenis Atticis, et illa illum contra; qui est amor cultu optumus. is publice legatus Naupactum fuit magnai rei publicai gratia. interibi hic miles forte Athenas advenit, insinuat sese ad illam amicam eri ~ occepit eius matri suppalparier vino, ornamentis opiparisque obsoniis, itaque intimum ibi se miles apud lenam facit. ubi primum evenit militi huic occasio, sublinit os illi lenae, matri mulieris, quam erus meus amabat; nam is illius filiam conicit in navem miles clam matrem suam, eamque huc invitam mulierem in Ephesum advehit. ubi amicam erilem Athenis avectam scio, ego quantum vivos possum mihi navem paro, inscendo, ut eam rem Naupactum ad erum nuntiem. ubi sumus provecti in altum, fit quod volunt, capiunt praedones navem illam ubi vectus fui: prius perii quam ad erum veni, quo ire occeperam. ille me cepit dat me huic dono militi. hic postquam in aedis me ad se deduxit domum, video illam amicam erilem, Athenis quae fuit. ubi contra aspexit me, oculis mihi signum dedit, ne se appellarem; deinde, postquam occasio est, conqueritur mecum mulier fortunas suas: ait sese Athenas fugere cupere ex hac domu, sese illum amare meum erum, Athenis qui fuit, neque peius quemquam odisse quam istum militem. ego quoniam inspexi mulieris sententiam, cepi tabellas, consignavi, clanculum dedi mercatori cuidam, qui ad illum deferat meum erum, qui Athenis fuerat, qui hanc amaverat, ut is huc veniret. is non sprevit nuntium; nam et venit et is in proximo hic devertitur apud suom paternum hospitem, lepidum senem; isque illi amanti suo hospiti morem gerit nosque opera consilioque adhortatur, iuvat. itaque ego paravi hic intus magnas machinas, qui amantis una inter se facerem convenas. nam unum conclave, concubinae quod dedit miles, quo nemo nisi eapse inferret pedem, in eo conclavi ego perfodi parietem, qua commeatus clam esset hinc huc mulieri; et sene sciente hoc feci: is consilium dedit. nam meus conservos est homo haud magni preti, quem concubinae miles custodem addidit. ei nos facetis fabricis et doctis dolis glaucumam ob oculos obiciemus eumque ita faciemus ut quod viderit ne viderit. et mox ne erretis, haec duarum hodie vicem et hinc et illinc mulier feret imaginem, atque eadem erit, verum alia esse adsimulabitur. ita sublinetur os custodi mulieris. sed foris concrepuit hinc a vicino sene; ipse exit: hic illest lepidus quem dixi senex.

A me la cortesia di raccontarvi il soggetto della commedia, sempre che abbiate la compiacenza di ascoltarmi. Se poi qualcuno non ne ha voglia, tolga pure il disturbo, e lasci il posto a chi ha voglia di ascoltare. Ora, dato che è per questo che siete venuti a sedervi in questo luogo di divertimenti, passerò a dirvi il titolo e l’argomento della commedia. In greco il titolo suona Alazon; per noi latini è lo sbruffone. Siamo a Efeso. Quel soldato che se ne è andato al foro, è il mio padrone. Sbruffone, impudente, merdoso, spergiuro e adultero pure. Dice, lui, che le donne, tutte, gli corrono dietro; e invece ovunque si presenti tutte quante lo prendono in giro. A sentir lui, le cortigiane, a furia di mandargli baci per adescarlo, si sono deformate le labbra. Quanto a me, non è molto tempo che sono suo schiavo. E voi dovete sapere come mai sono caduto nelle sue mani dopo esser stato al servizio di un altro. Per favore, ascoltatemi, perché ora comincio a raccontarvi la vicenda. Ad Atene avevo per padrone un giovane, un ottimo giovane che amava una cortigiana proprio di Atene, in Attica. E quella lo ricambiava: ed è l’amore più bello che ci sia. Ma il giovane fu mandato, al servizio della repubblica, a Naupatto, e proprio allora il caso vuole che capiti ad Atene il nostro soldato, il quale si intrufola presso l’amica del mio padrone e comincia ad arruffianarsene la madre offrendo vino, doni e squisitezze; e così diventa intimo della mezzana. Alla prima occasione il soldato la fa in barba alla vecchia, cioè alla madre della ragazza, e carica la ragazza su una nave, di nascosto di quella ruffiana. E così trascina ad Efeso la ragazza recalcitrante. E io, io, non appena vengo a sapere del ratto della ragazza, ce la metto tutta, mi trovo una nave, salgo a bordo per recarmi a Naupatto a informare il mio padrone. Senonché, quando arriviamo in mare aperto, succede quel che gli dèi han decretato: la nave su cui viaggiavo viene catturata dai pirati. E così sono fritto, fritto, prima di arrivare dove volevo, cioè dal mio padrone. Il pirata che mi aveva catturato mi regala al soldato che sapete, e questo mi trascina qui, a casa sua. E qui scorgo, subito subito, la ragazza del mio padrone, quella che stava ad Atene. E lei, non appena mi sbircia, mi strizza l’occhio perché non la chiami per nome. Poi, alla prima occasione, si sfoga con me della sua sfortuna, dice che vuol fuggirsene ad Atene, che ama soltanto il mio padrone, che il soldato le è odioso come nessun altro. Conosciuti i sentimenti della donna, scrivo di nascosto una lettera, la sigillo, consegno il tutto ad un mercante perché lo porti al mio padrone, quello di Atene, si capisce, che amava la ragazza. Gli scrivo di venire qui e lui non si fa pregare: arriva e si piazza in quella casa lì, da un simpatico vecchietto che era stato ospite di suo padre. Il vecchietto gli dà corda, all’innamorato, e ci consiglia, ci aiuta con le parole e i fatti. E così io, qui dentro, ho concepito un bellissimo trucco per far sì che i due amanti possano incontrarsi. Dunque… Il soldato, alla sua concubina ha assegnato una camera dove nessuno può mettere piede tranne lei. Bene, io ci ho fatto un buco, nella parete della camera, e così la donna può passare dalla sua casa alla nostra senza che nessuno la veda. Con il nostro vecchio mica ho agito di nascosto, no, è stato lui a darmi l’idea. C’è anche il fatto che il soldato ha affibbiato alla ragazza, per controllarla, un servo che vale mezzo soldo. Con le nostre trovate, con le nostre ingegnose invenzioni, gli faremo veder lucciole per lanterne, e lui sarà convinto di non aver veduto quel che ha veduto. E voi, attenti a non confondervi: oggi la ragazza sosterrà due parti, una di là, una di qua. Sempre la stessa è, ma farà finta di essere un’altra. E così il suo guardiano sarà menato per il naso. Ma ecco che scricchiola la porta del nostro vecchietto. Sta uscendo lui, quel simpaticone che vi ho detto.