Divus Iulius, 4

Ceterum composita seditione civili Cornelium Dolabellam consularem et triumphalem repetundarum postulavit; absolutoque Rhodum secedere statuit, et ad declinandam invidiam et ut per otium ac requiem Apollonio Moloni clarissimo tunc dicendi magistro operam daret. Huc dum hibernis iam mensibus traicit, circa Pharmacussam insulam a praedonibus captus est mansitque apud eos non sine summa indignatione prope quadraginta dies cum uno medico et cubicularis duobus. Nam comites servosque ceteros initio statim ad expediendas pecunias, quibus redimeretur, dimiserat. Numeratis deinde quinquaginta talentis expositus in litore non distulit quin e vestigio classe deducta persequeretur abeuntis ac redactos in potestatem supplicio, quod saepe illis minatus inter iocum fuerat, adficeret. Vastante regiones proximas Mithridate, ne desidere in discrimine sociorum videretur, ab Rhodo, quo pertenderat, transiit in Asiam auxiliisque contractis et praefecto regis provincia expulso nutantis ac dubias civitates retinuit in fide.

Quando la discordia civile fu domata, Cesare incriminò per concussione Cornelio Dolabella, un ex console che aveva meritato il trionfo. Poiché l’imputato era stato assolto, decise di andarsene a Rodi, un po’ per sottrarsi ad eventuali vendette, un po’ per seguire durante quel periodo di inattività e di riposo, le lezioni di Apollonio Molone, a quel tempo il più celebre maestro di oratoria. Durante la navigazione verso Rodi, avvenuta nella stagione invernale, fu fatto prigioniero dai pirati presso l’isola di Farmacusa, e rimase con loro, non senza la più viva indignazione, per circa quaranta giorni, in compagnia di un medico e di due schiavi. I compagni di viaggio, infatti, e tutti gli altri servi erano stati inviati immediatamente a Roma per raccogliere i soldi del riscatto. Quando furono pagati i cinquanta talenti stabiliti, venne sbarcato su una spiaggia e allora, senza perdere tempo, assoldò una flotta e si lanciò all’inseguimento dei pirati: li catturò e li condannò a quel supplizio che spesso aveva minacciato loro per scherzo. Mitridate, intanto, devastava le regioni vicine al suo regno e Cesare, per non apparire inattivo, mentre altri si trovavano in difficoltà, da Rodi, dove era giunto, passò in Asia con un certo numero di truppe che aveva raccolto, scacciò dalla provincia il luogotenente del re e ridiede fiducia alle popolazioni incerte e dubbiose.