“Il canto del Ciclope innamorato”

Apud Ovidium poetam legimus Polyphemum, ferum cyclopem, Galateae nymphae amore incensum, blandissimis verbis pulcherrimam puellam celebravisse: “Tu es, galatea, candidior folio nivei ligustri, floridior pratis, longa alno procerior, splendidior vitro, tenero haedo lascivior, levior conchis assiduo aequore maris detritis, sole hiberno, aestiva umbra gratior, lucidior glacie, matura uva dulcior,mollior cycni plumis, riguo horto formosior”. Cyclops autem, quia crudelis nimpha eius amori repugnabat, maestissimus longam querelam edidit: “Sed etiam tu es durior annosa quercu, fallacior undis, lentior salicis virgis, scopulis immobilior, violentior amne, pavone superbior, acrior igni, asperior tribulis, ursa truculentior, calcato angue immitior, non solum velocior cervo canum latratibus exterrito, verum etiam ventis volucrique aura fugacior”.

Presso il poeta Ovidio leggiamo che Polifemo, feroce ciclope, acceso d’amore per la ninfa Galatea, abbia celebrato la bellissima fanciulla con piacevolissime parole: “Tu sei, Galatea, sei il più più candido di un petalo di ligustro, più florida dei prati, più slanciata di un ontano vettante, più splendente del cristallo, più allegra di un giovane aedo, più liscia di conchiglie levigate dal flusso del mare, più gradevole del sole in inverno, dell’ombra d’estate, più luminosa del ghiaccio, più dolce dell’uva matura, più morbida di una piuma di cigno, più bella di un orto irriguo”. Il ciclope tuttavia poichè crudelmente la ninfa ripudiava il suo amore, assai triste emise una lunga lamentela: “Ma tu anche sei più dura di una vecchia quercia, più ingannevole delle onde, più insensibile del salice giovane, più immobile di una roccia, più violenta di un fiume, più superba del pavone, più furiosa del fuoco, più aspra delle spine, più ringhiosa dell’orsa, più spietata di un serpente calpestato, e più veloce non solo del cervo incalzato dai latrati dei cani, ma anche dai venti e dalla più sfuggente brezza alata”.