“Il podere ideale”

Cum praedium parare cogitabis, sic in animo habe: noli cupide emere. Bonum caelum habeat praedium tuum, ne calamitosum sit, idemque solum bonum habeat, sua ipsa virtute valeat. sub radice montis sit, in meridiem spectet, loco aprico atque salubri, id est haud palustri; operariorum copia tibi sit bonumque aquarium, oppidum validum prope sit, mare atiam aut amnis, qua naves ambulant, via bona celerisque. Vivant in his agris qui non saepe dominum mutant, ut tibi quoque servi fideles sint. Aedifica bene, vel praedium eme cuius domini antea firma solidaque aedificia paraverunt: nam de domino bono colono bonoque aedificatore melius emitur. Cum ad villam venies, numera dolia, vasa atque torcula: multa esse portebit. Si de cultibus scire vis, sic tibi dicam quod primum est: vinea sit prima cultura, si vis vinum multum esse; secundo loco hortus irriguus; tertio salictum; quarto oletum; quinto pratum; sexto campus frumentarius; septimo Silva caedua; octavo arbustum; nono glandaria Silva.

Quando penserai di allestire un podere tieni così a mente: non acquistare avidamente. Il tuo podere goda di un buon clima, non sia mal esposto, e il medesimo abbia un buon suolo, sia di pregio per il suo stesso valore. Sia alle falde di un monte, orientato a sud in un luogo soleggiato e salubre, cioè non palustre; abbi una squadra di operai e un buon acquaio, vicino ci sia una città solida, il mare o un fiume, che percorrano imbarcazioni, una strada ben tenuta e scorrevole. Vivano in queste terre, coloro che non cambiano spesso padrone, perché tu abbia anche servi fedeli. Costruisci bene o compra un podere i cui proprietari prima allestirono edifici di sicura solidità: infatti da un padrone buon colono e da un buon costruttore si compera meglio, quando arriverai in fattoria numera i doli, i vasi e torchi: ne porterai molti. Se vuoi sapere delle coltivazioni ti dirò ciò che per primo deve esserci: la vigna sia la prima coltivazione, se vuoi che vi sia molto vino; in seconda istanza un orto irriguo; per terzo un saliceto; per quarto un oliveto; come quinto un prato; sesto un campo di grano; settimo un bosco ceduo; ottavo una piantagione di alberi; come nono un bosco di querce.

“I doveri del fattore e della fattoressa”

Vilicus disciplinam bonam usurpabit, ferias servabit, sobrius semper erit, domini pecuniam non dissipabit, servos exercebit et cibum necessarium suppeditabit. Cibaria, oleum, vinum, frumentum non commodabit. Hariolum non consulet neque parasitum alet. Ante somnum villam claudet; bene mane e lectulo surget et magna diligentia iumentorum pabulum curabit. Bubulcos custodiet et aratra bona eliget. Vilica nimium luxuriosa non erit. Vicinas in villam non recipiet neque ambulabit extra villam, neque foris coenabit. Sacrificia non faciet cum dominus aut domina prohibebit: dominus enim pro tota familia sacrificia facit. Vilica autem munda erit; focum purum cotidie servabit et cum festa erunt, coronam in focum imponet atque deos pro familiae copia supplicabit. Servorum cibum curabit et in cella penaria diligenter cibaria servabit.

Il fattore si comporterà con onestà, osserverà le festività, sarà sempre moderato, non sperpererà il denaro del padrone, terrà occupati gli schiavi e offrirà con larghezza il cibo necessario. Non presterà le cibarie, l’olio, il vino ed il grano. Non consulterà l’indovino né darà da mangiare al fannullone. Chiuderà la villa prima di andare a dormire; si alzerà al mattino di buona voglia dal suo giaciglio e curerà con il massimo scrupolo il foraggio per il bestiame. Governerà i bifolchi e sceglierà gli aratri adatti. La fattoressa non sarà troppo lussuosa. Non accoglierà le vicine fattoresse nella villa nè camminerà fuori dalla villa nè cenerà fuori. Non farà sacrifici quando il padrone o la padrona glielo vieterà: infatti il padrone fa sacrifici per tutta la famiglia. La fattoressa poi sarà graziosa; avrà una villa pulita; conserverà il fuoco puro ogni giorno; quando ci saranno festività, metterà la corona nel fuoco e implorerà gli dei per l’abbondanza della famiglia. Si occuperà del vitto per gli schiavi e riporrà con diligenza i cibi nella dispensa.

“L’agricoltura presso i Romani”

Donec mores honesti fuerunt, antiqui Romani res rusticas amaverunt et coluerunt. Nobiles quoque cives inter agros vitam laeti agebant; humum arare vel agros serere turpe non putabatur. Senatus saepe viros ex agris vocavit ut rem publicam regerent exercitibusque imperarent. Quondam hostes ad Romam pervenerant; itaque consules Cincinnatum, virum frugi ac rei militaris peritum, ab aratro arcessiverunt ut dictator esset. Cincinnatus patriam liberavit et mox domum properavit ut iterum inter laeta pascua flaventesque segetes viveret placidus. Sed postea Romanis vita agrestis displicuit; agrorum cultum servis mandabant et Romae, in opulenta urbe, vitam molliter egerunt. Morum mutatio Romanis multorum malorum causa fuit.

Finché i costumi furono onesti, gli antichi romani amarono e coltivarono la vita agreste. Anche i nobili cittadini conducevano una vita felici tra i campi; non era considerato deplorevole arare il terreno o seminare i campi. Spesso il senato chiamava gli uomini dai campi affinché gestissero lo stato e conducessero l’esercito. Qualora i nemici giungevano a Roma; e così i consoli come Cincinnato, uomo saggio ed esperto dell’arte militare, lasciavano l’aratro per diventare dittatore. Cincinnato liberò la patria e ripristinò il costume della casa affinché vivesse di nuovo tranquillo tra i lieti pascoli e le bionde segete. Ma dopo la vita agreste dispiacque ai Romani; mandavano i servi a coltivare i campi e condussero una vita agiata, a Roma, nella ricca città. Il cambiamento di costumi fu la causa di molti mali dei Romani.

De Agri Cultura, Praefatio

Est interdum praestare mercaturis rem quaerere, nisi tam periculosum sit et item fenerari, si tam honestum sit. Maiores nostri sic habuerunt et ita in legibus posiverunt, furem dupli condemnari, feneratorem quadrupli; quanto peiorem civem existimarent fenatorem quam furem, hinc licet existimare. Et virum bonum quom laudabant, ita laudabant: bonum agricolam bonumque colonum; amplissime laudari existimabatur qui ita laudabatur. Mercatorem autem strenuum studiosumque rei quaerendae existimo, verum ut supra dixi periculosum et calamitosum; at ex agricolis et viri fortissimi et milites strenuissimi gignuntur, maximeque pius quaestus stabilissimusque consequitur minimeque invidiosus, minimeque male cogitantes sunt qui in eo studio occupati sunt.

Può esser preferibile, talvolta, cercare fortuna nei commerci, se la cosa non fosse così soggetta a rischio, e anche prestare a usura, se la cosa fosse altrettanto onorevole. Ma i nostri avi ritennero e fissarono per legge che il ladro fosse condannato al doppio e l’usuraio al quadruplo. Da questo possiamo giudicare quanto peggiore cittadino fosse per loro l’usuraio in paragone del ladro. E per lodare un galantuomo lo lodavano come buon contadino e buon agricoltore; e chi veniva così lodato, si riteneva che avesse la più grande delle lodi. Il commerciante io lo giudico, certo, un uomo attivo e teso al profitto, ma ““ come ho detto ““ esposto ai rischi e alle disgrazie. Dai contadini invece nascono gli uomini più forti e i più validi soldati: è là che si realizza il più giusto guadagno, il più saldo, il meno esposto al malanimo altrui, e chi è occupato in questa attività è alieno più di ogni altro da cattivi pensieri.

De Agri Cultura, V, 1-2-3-4-5-6-7

1 – Haec erunt vilici officia. Disciplina bona utatur. Feriae serventur. Alieno manum abstineat, sua servet diligenter. Litibus familia supersedeat; siquis quid deliquerit, pro noxa bono modo vindicet.
2 – Familiae male ne sit, ne algeat, ne esuriat; opere bene exerceat, facilius malo et alieno prohibebit. Vilicus si nolet male facere, non faciet. Si passus erit, dominus impune ne siat esse. Pro beneficio gratiam referat, ut aliis recte facere libeat. Vilicus ne sit ambulator, sobrius siet semper, ad cenam ne quo eat. Familiam exerceat, consideret quae dominus imperavit fiant. Ne plus censeat sapere se quam dominum.
3 – Amicos domini, eos habeat sibi amicos. Cui iussus siet, auscultet. Rem divinam nisi Compitalibus in conpito aut in foco ne faciat. Iniussu domini credat nemini: quod dominus crediderit exigat. Satui semen, cibaria, far, vinum, oleum mutuum dederit nemini.
4 – Duas aut tres familias habeat, unde utenda roget et quibus det, praeterea nemini. Rationem cum domino crebro putet. Operarium, mercennarium, diutius eundem ne habeat die.
5 – Ne quid emisse velit inisciente domino, neu quid dominum celavisse velit. Parasitum ne quem habeat.
6 – Haruspicem, augurem, hariolum, Chaldaeum ne quem consuluisse velit. Segetem ne defraudet: nam id infelix est. Opus rusticum omne curet uti sciat facere, ed id faciat saepe, dum ne lassus fiat.
7 – Primus cubitu surgat, postremus cubitum eat. Prius villam videat clausa uti siet, uti suo quisque loco cubet et uti iumenta pabulum habeant.

1 – Questi sono i compiti del fattore. Usi una saggia amministrazione. Sia rispettato il riposo festivo. Tenga lontano le mani dal denaro, conservi il suo con attenzione. La schiavitù si astenga da liti; se qualcuno ha commesso una colpa, si vendichi in modo giusto secondo la colpa.
2 – Non si comporti male nei confronti degli schiavi, non patiscano il freddo e non soffrano la fame; si applichino bene nel lavoro, si terranno più facilmente lontano dal male e dal denaro. Il fattore se non vuole che essi si comportino male, non lo faranno. Se l’ha ammesso, il padrone non tolleri che egli rimanga impunito. Deve esprimere il suo apprezzamento per il lavoro ben svolto, cosicché agli altri risulti piacevole lavorare bene. Il fattore non sia un fannullone, sia sempre sobrio, non vada a cena altrove. Faccia lavorare la servitù, faccia in modo che venga eseguito ciò che il padrone ha ordinato di fare. Egli non deve presumere di sapere di più del padrone.
3 – Deve considerare gli amici del padrone suoi amici. Obbedisca a chi gli è stato ordinato di obbedire. Tranne che in occasione dei Compitali non celebri sacrifici nei crocicchi o davanti al focolare. Non faccia credito a nessuno senza l’ordine del padrone: esiga ciò che il padrone ha prestato. Per la semina non darà in prestito a nessuno grano, cibo, pane, vino o olio.
4 – Deve avere due o tre famiglie di schiavi, non di più, dalle quali pretendere in prestito e alle quali prestare gli attrezzi da usare. Faccia i conti spesso con il padrone. Non tenga al proprio servizio lo stesso lavoratore o un bracciante stipendiato per più di un giorno.
5 – Non voglia mandare fuori nessuna cosa all’insaputa del padrone, e non voglia celare niente a costui. Non abbia alcun sfaccendato.
6 – Non voglia consultare alcun aruspice, auguro, indovino o caldeo. Non inganni il campo: infatti ciò porta male. Il padrone si preoccupi che sappia svolgere ogni mansione dell’attività agricola e lo faccia spesso, finché non diventi stanco.
7 – Si alzi per primo dal letto, vada ultimo a dormire. Per prima cosa controlli che la fattoria sia chiusa, che ognuno riposi al suo posto e che le giumenta abbiano il cibo.

De Agri Cultura, IV, 2-3

2 – Villam urbanam pro copia edificato.
3 – In bono praedio, si bene aedificaveris, bene posiveris, ruri si recte habitaveris, libentius et saepius venies; fundus melius erit, minus peccabitur, fructi plus capies; frons occipio prior est. Vicinis bonus esto; familiam ne siveris peccare. Si te libenter vicinitas videbit, facilius tua vendes, opera faciulius locabis, operarios faciulius conduces; si aedificabis, operis, iumentis, materie adiuvabunt: siquid bona salute usus venerit, benigne defendent.

2 – Costruirà secondo i suoi mezzi la villa urbana.
3 – In un buon fondo, se avrai costruito bene, l’avrai collocata bene, se avrai abitato in un podere con ogni comodità, verrai più volentieri e più spesso; il fondo sarà migliore, si commetteranno meno errori, raccoglierai più frutti; la fronte è meglio della nucca. Sarai buono con i vicini; non sopportare che la servitù pecchi. Se il vicinato ti vedrà volentieri, venderai i tuoi prodotti più facilmente, ti sarà più facile appaltare i lavoratori e assoldare deu braccianti; se costruirai ti aiuteranno con operai, giumente e legname: in caso di bisogno – Dio ce ne liberi – saranno contenti di sostenerti.

De Agri Cultura, II, 1-2-3

1 – Pater familias ubi ad villam venit, ubi larem familiarem salutavit, fundum eodem die, si potest, cimcumeat; si non eodem die, at postridie. Ubi cognovit quo modo fundus cultus siet operaque quae facta infectaque sient, postridie eius diei vilicum vocet, roget quid operis siet factum, quid restet, satisne tempori opera sient confecta, possitne quae reliqua sient conficere, et quid factum vini, frumenti aliarumque rerum omnium.
2 – Ubi ea cognovit, rationem inire oportet operarum, dierum. Si ei opus non apparet, dicit vilicus sedulo se fecisse, servos non valuisse, tempestates malas fuisse, servos aufugisse, opus publicum effecisse, ubi eas aliasque causas multas dixit, ad rationem operum operarumque vilicum revoca.
3 – Cum tempestates pluviae fuerint, quae opera per imbrem fieri potuerint, dolia lavari, picari, villam purgari, frumentos transferri, stercus foras efferri, sternicilium fieri, semen purgari, funes sarciri, novos fieri; centones, cuculiones familiam oportuisse sibi sarcire.

1 – Il capofamiglia non appena è giunto alla fattoria, non appena ha reso devoto omaggio al lare domestico, faccia un giro attorno al fondo il giorno stesso, se è possibile; se non il giorno stesso, almeno quello successivo. Non appena ha saputo in che modo il fondo sia coltivato, quali siano i lavori eseguiti e quelli ancora da fare, chiami il fattore il giorno successivo, a quello chieda quali lavori siano stati fatti, che cosa rimanga, se quelli compiuto siano stati realizzati a tempo debito, se possa portare a termine i lavori rimasti e quale sia stata la produzione di vino, frumenti e di tutti gli altri beni.
2 – Non appena sa quelle cose, è opportuno che faccia il calcolo dei lavori e dei giorni. Se non gli sembra soddisfacente il risultato del lavoro, il fattore dice di aver agito diligentemente, che i servi sono stati ammalati, che ci sono state delle cattive tempeste, che dei servi sono fuggiti, che ha dovuto eseguire delle corvées pubbliche, ma quando ha detto quelle e molte altre scuse, invita il fattore al conto delle opere e degli operai.
3 – Ricorda che quando ci sono state tempeste piovose egli avrebbe dovuto svolgere quei lavori che che si possono fare durante la pioggia: lavare le botti, spalmarle di pece, pulire la fattoria, rivoltare il grano, portare via lo sterco, fabbricare il letamaio, ripulire il grano, rammendare le funi, farne delle nuove; che sarebbe stato opportuno che i servi gli rammendassero i vestiti e i cappotti.