1 – Est et illa sollicitudinum non mediocris materia, si te anxie componas nec ullis simpliciter ostendas, qualis multorum uita est, ficta, ostentationi parata: torquet enim assidua obseruatio sui et deprehendi aliter ac solet metuit. Nec umquam cura soluimur, ubi totiens nos aestimari putamus quotiens aspici. Nam et multa incidunt quae inuitos denudant, et, ut bene cedat tanta sui diligentia, non tamen iucunda uita aut secura est semper sub persona uiuentium.
2 – At illa quantum habet uoluptatis sincera et per se inornata simplicitas, nihil obtendens moribus suis! Subit tamen et haec uita contemptus periculum, si omnia omnibus patent: sunt enim qui fastidiant quicquid propius adierunt. Sed nec uirtuti periculum est ne admota oculis reuilescat, et satius est simplicitate contemni quam perpetua simulatione torqueri. Modum tamen rei adhibeamus: multum interest, simpliciter uiuas an neglegenter.
3 – Multum et in se recedendum est: conuersatio enim dissimilium bene composita disturbat et renouat affectus et quicquid imbecillum in animo nec percuratum est exulcerat. Miscenda tamen ista et alternanda sunt, solitudo et frequentia. Illa nobis faciet hominum desiderium, haec nostri, et erit altera alterius remedium: odium turbae sanabit solitudo, taedium solitudinis turba.
4 – Nec in eadem intentione aequaliter retinenda mens est, sed ad iocos deuocanda. Cum puerulis Socrates ludere non erubescebat, et Cato uiuo laxabat animum curis publicis fatigatum, et Scipio triumphale illud ac militare corpus mouebat ad numeros, non molliter se infringens, ut nunc mos est etiam incessu ipso ultra muliebrem mollitiam fluentibus, sed ut antiqui illi uiri solebant inter lusum ac festa tempora uirilem in modum tripudiare, non facturi detrimentum etiam si ab hostibus suis spectarentur.
5 – Danda est animis remissio: meliores acrioresque requieti surgent. Vt fertilibus agris non est imperandum (cito enim illos exhauriet numquam intermissa fecunditas), ita animorum impetus assiduus labor franget; uires recipient paulum resoluti et remissi. Nascitur ex assiduitate laborum animorum hebetatio quaedam et languor.
6 – Nec ad hoc tanta hominum cupiditas tenderet, nisi naturalem quandam uoluptatem haberet lusus iocusque. Quorum frequens usus omne animis pondus omnemque uim eripiet: nam et somnus refectioni necessarius est, hune tamen si per diem noctemque continues, mors erit. Multum interest, remittas aliquid an soluas.
7 – Legum conditores festos instituerunt dies ut ad hilaritatem homines publice cogerentur, tamquam necessarium laboribus interponentes temperamentum, et magni iudicii uiri quidam sibi menstruas certis diebus ferias dabant, quiddam nullum non diem inter otium et curas diuidebant. Qualem Pollionem Asinium oratorem magnum meminimus, quem nulla res ultra decumam detinuit: ne epistulas quidem post eam horam 1egebat, ne quid nouae curae nasceretur, sed totius diei lassitudinem duabus illis horis ponebat. Quidam medio die interiunxerunt et in postmeridianas horas aliquid leuioris operae distulerunt. Maiores quoque nostri nouam relationem post horam decumam in senatu fieri uetabant. Miles uigilias diuidit, et nox immunis est ab expeditione redeuntium.
8 – Indulgendum est animo dandumque subinde otium, quod alimenti ac uirium loco sit. Et in ambulationibus apertis uagandum, ut caelo libero et multo spiritu augeat attollatque se animus; aliquando uectatio iterque et mutata regio uigorem dabunt, conuictusque et liberalior potio. Nonnumquam et usque ad ebrietatem ueniendum, non ut mergat nos, sed ut deprimat: eluit enim curas et ab imo animum mouet et, ut morbis quibusdam, ita tristitiae medetur, Liberque non ob licentiam linguae dictus est inuentor uini, sed quia liberat seruitio curarum animum et asserit uegetatque et audaciorem in omnes conatus facit.
9 – Sed, ut libertatis, ita uini salubris moderatio est. Solonem Arcesilanque indulsisse uino eredunt; Catoni ebrietas obiecta est: facilius efficient crimen honestum quam turpem Catonem. Sed nec saepe faciendum est, ne animus malam consuetudinem ducat, et aliquando tamen in exsultationem libertatemque extrahendus tristisque sobrietas remouenda paulisper.
10 – Nam, siue graeco poetae credimus, “aliquando et insanire iucundum est”; siue Platoni, “frustra poeticas fores compos sui pepulit”; siue Aristoteli, “nullum magnum ingenium sine mixtura dementiae fuit”.
11 – Non potest grande aliquid et super ceteros loqui nisi mota mens. Cum uulgaria et solita contempsit instinctuque sacro surrexit excelsior, tunc demum aliquid cecinit grandius ore mortali. Non potest sublime quicquam et in arduo positum contingere, quamdiu apud se est: desciscat oportet a solito et efferatur et mordeat frenos et rectorem rapiat suum, eoque ferat quo per se timuisset escendere.
12 – Habes, Serene carissime, quae possint tranquillitatem tueri, quae restituere, quae subrepentibus uitiis resistant. Illud tamen scito, nihil horum satis esse ualidum rem imbecillam seruantibus, nisi intenta et assidua cura circumit animum labentem.
1 – Anche quella è materia non trascurabile di inquietudini, se tu ti affatichi a darti una posa e non ti mostri a nessuno nella tua schiettezza, così come fanno molti, la cui vita è finta e costruita per l’esibizione; infatti è fonte di tormento la continua osservazione di se stessi, e alimenta il timore di essere scoperti diversi da come si è soliti presentarsi. Né mai ci liberiamo dall’ansietà, se pensiamo di essere giudicati ogni volta che siamo guardati; infatti, da una parte accadono molte cose che contro la nostra volontà ci mettono a nudo, dall’altra, per quanto abbia successo tanta cura di sé, tuttavia non è piacevole o sicura una vita che si nasconde sempre sotto la maschera.
2 – Al contrario, quanto piacere possiede quella schiettezza sincera e di per sé priva di ornamenti, che non si serve di nulla per coprire la propria indole! Tuttavia, anche questa vita va incontro al pericolo del disprezzo, se tutto è scoperto a tutti; ci sono infatti persone che provano fastidio per tutto ciò a cui si sono potute accostare troppo da vicino. Ma per la virtù non c’è il pericolo di avvilirsi se è posta sotto gli occhi ed è meglio essere disprezzati per la schiettezza che tormentati da una continua finzione. Usiamo tuttavia misura nella cosa: c’è molta differenza tra il vivere con semplicità o con trascuratezza.
3 – Occorre sapersi ritirare molto anche in sé; infatti la frequentazione di persone dissimili turba il buon equilibrio raggiunto, rinnova le emozioni ed esaspera ciò che nell’animo è ancora debole e non pienamente guarito. Tuttavia queste condizioni vanno mescolate e alternate, la solitudine e la compagnia: quella genererà in noi nostalgia degli uomini, questa di noi stessi, e l’una sarà rimedio dell’altra; la solitudine guarirà l’insofferenza della folla, la folla la noia della solitudine.
4 – Nemmeno bisogna tenere la mente uniformemente nella stessa applicazione, ma occorre richiamarla agli svaghi. Socrate non si vergognava di giocare coi fanciulli, Catone rilassava col vino l’animo provato dalle fatiche politiche” e Scipione muoveva a tempo di musica quel corpo avvezzo ai trionfi e alle fatiche di guerra, non snervandosi in mollezze, come ora è abitudine di quanti ondeggiano persino nell’andatura superando la mollezza femminica, ma come quegli antichi uomini erano soliti tra lo svago e i giorni di festa danzare in modo virile, non andando incontro a una perdita di dignità, anche qualora venissero guardati dai loro nemici.
5 – Occorre concedere una pausa agli animi: riposati, rinasceranno migliori e più combattivi. Come non si deve essere impositivi coi campi fertili ? infatti una produttività mai interrotta li esaurirà in fretta ? cosi una fatica continua indebolirà gli slanci degli animi, e questi riacquisteranno le forze se per un po’ risparmiati e lasciati a riposo; dal protrarsi delle fatiche nascono un certo qual torpore e un infiacchimento degli animi.
6 – E a ciò non tenderebbe un tanto grande desiderio degli uomini, se lo svago e il gioco non possedessero un certo naturale piacere; però il ricorso frequente a questi toglierà ogni gravità e ogni forza dagli animi; infatti, anche il sonno è necessario a ridare forze, tuttavia qualora tu lo continui giorno e notte, diventerà la morte. C’è molta differenza tra l’allentare una tensione e dissolverla del tutto.
7 – I legislatori istituirono i giorni festivi, perché gli uomini fossero costretti pubblicamente a divertirsi, come interponendo la necessaria moderazione alle fatiche; e come ho detto alcuni grandi uomini si concedevano in determinati giorni feste mensili, alcuni non c’era giorno che non dividessero tra l’ozio e gli impegni. Tra questi ricordiamo il grande oratore Asinio Pollione che soleva non farsi trattenere da nessuna occupazione oltre l’ora decima; non leggeva nemmeno le lettere dopo quell’ora, perché non gliene derivasse una qualche nuova preoccupazione, ma si liberava della stanchezza di tutta una giornata in quelle due ore. Alcuni sogliono fare pausa a metà della giornata e rimandare alle ore pomeridiane una qualche occupazione più leggera. Anche i nostri antenati vietavano che in senato ci fosse una nuova mozione oltre l’ora decima. I soldati si dividono i turni di guardia, e la notte è libera dalla ronda per coloro che ritornano da una spedizione.
8 – Bisogna essere indulgenti con l’animo e concedergli ripetutamente il riposo che funga da alimento e forze. Bisogna fare anche passeggiate all’aperto, affinché l’animo si arricchisca e si innalzi grazie all’apertura degli orizzonti e all’abbondanza di aria pura da inspirare; talvolta un viaggio o un cammino e il cambiare luoghi e le cene e le bevute più generose daranno energia. Talvolta è opportuno arrivare anche fino all’ebbrezza, non perché ci sommerga, ma perché abbia effetto tranquillante; infatti dissolve gli affanni e muove l’animo dal profondo e come cura alcune malattie così anche la tristezza, e Libero non è detto così per la libertà di parola ma perché libera l’animo dalla schiavitù delle preoccupazioni e gli dà indipendenza e forza e lo rende più audace verso ogni impresa.
9 – Ma nella libertà come nel vino è salutare la moderazione. Si crede che Solone e Arcesilao abbiano accondisceso al vino, a Catone fu rinfacciata l’ebbrezza: chiunque gliela rinfacci, potrà rendere più facilmente onesto un vizio che turpe Catone. Ma non bisogna farlo nemmeno spesso, in modo che l’animo non prenda una cattiva abitudine, e tuttavia talvolta occorre spingerlo all’esultanza e alla libertà, e la triste sobrietà va per un po’ abbandonata.
10 – Infatti sia che diamo retta al poeta greco:” “Talvolta è piacevole anche fare follie”, sia a Platone: “Invano chi è padrone di sé bussa alla porta della poesia”, sia ad Ari stotele: “Non ci fu nessun grande ingegno senza un pizzico di follia”.
11 – non può esprimere qualcosa di grande e superiore agli altri se non una mente eccitata. Una volta che ha disprezzato le cose usuali e comuni e per divina ispirazione si è elevata più in alto, allora infine suole cantare qualcosa di più grande delle capacità umane. Non può attingere qualcosa di sublime e di elevato finché rimane in sé:” è necessario si stacchi dal consueto e scarti verso l’alto e morda i freni e trascini il suo auriga e lo conduca là dove da solo avrebbe avuto paura di salire.
12 – Tu hai, carissimo Sereno, i mezzi che possono difendere la tranquillità, che possono restituirla, che resistono ai mali striscianti; sappi tuttavia che nessuno di loro è sufficientemente efficace per coloro che salvaguardano una situazione di debolezza, a meno che una cura sollecita e assidua non circondi l’animo vacillante.