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Fusce, pharetra,
sive per Syrtis iter aestuosas
sive facturus per inhospitalem
Caucasum vel quae loca fabulosus
lambit Hydaspes.
Namque me silva lupus in Sabina,
dum meam canto Lalagem et ultra
terminum curis vagor expeditis,
fugit inermem;
quale portentum neque militaris
Daunias latis alit aesculetis.
Nec Iubae tellus generat, leonum
arida nutrix.
Pone me pigris ubi nulla campis
arbor aestiva recreatur aura,
quod latus mundi nebulae malusque
Iuppiter urget;
pone sub curru nimium propinqui
solis in terra domibus negata:
dulce ridentem Lalagem amabo,
dulce loquentem.
Chi è integro di vita e puro di colpe
Non ha bisogno di strali dei Mauri né dell’arco
né della faretra colma di frecce avvelenate, o Fusco,
sia che stia per viaggiare tra le Sirti infuocate
o attraverso l’inospitale Caucaso o nei luoghi
che lambisce il favoloso Idaspe.
E infatti un lupo nel bosco sabino,
mentre canto la mia Lalage e oltre
il confine vago libero da preoccupazioni,
fugge me inerme;
un mostro quale né la bellicosa
Daunia nutre nei suoi vasti querceti
né la terra di Giuba genera, arida nutrice
di leoni.
Mettimi in campi sterili dove nessun
albero è ristorato dall’aria estiva,
in quella parte del mondo che le nebbie e
il cattivo Giove opprimono;
mettimi sotto il carro del sole troppo vicino
nella terra negata alle case:
amerò Lalage che ride dolcemente,
che parla dolcemente.