Carme 46-47-48-49

46 – Iam ver egelidos refert tepores, iam caeli furor aequinoctialis iucundis Zephyri silescit aureis. linquantur Phrygii, Catulle, campi Nicaeaeque ager uber aestuosae: ad claras Asiae volemus urbes. iam mens praetrepidans avet vagari, iam laeti studio pedes vigescunt. o dulces comitum valete coetus, longe quos simul a domo profectos diversae variae viae reportant.
47 – Pulcre convenit improbis cinaedis, Mamurrae pathicoque Caesarique. nec mirum: maculae pares utrisque, urbana altera et illa Formiana, impressae resident nec eluentur: morbosi pariter, gemelli utrique, uno in lecticulo erudituli ambo, non hic quam ille magis vorax adulter, rivales socii puellularum. Pulcre convenit improbis cinaedis.
48 – Mellitos oculos oculos tuos, Iuventi, si quis me sinat usque basiare, usque ad milia basiem trecenta nec numquam videar satur futurus, non si densior aridis aristis sit nostrae seges osculationis.
49 – Disertissime Romuli nepotum, quot sunt quotque fuere, Marce Tulli, quotque post aliis erunt in annis, gratias tibi maximas Catullus agit pessimus omnium poeta, tanto pessimus omnium poeta, quanto tu optimus omnium patronus.

46 – Primavera ormai riporta i miti tepori, ormai la furia del cielo equinoziale tace con le piacevoli aure di Zefiro. Si lascino, Catullo, le pianure frigie e la fiorente campagna della calda Nicea: voliamo alle nobili città dell’Asia. Ormai il cuore ultratrepidante s’augura viaggiare, ormai felici per la voglia si rianimano. Salve dolci comitive di amici, che i partiti lontano da casa insieme da ogni parte le varie vie riportano.
47 – Capita bene ai brutti cinedi, a Mamurra ed al culatone Cesare. Non è strano: uguali macchie per entrambi, la seconda romana e la prima formiana, scolpite permangono e non si toglieranno: malati alla pari, entrambi gemelli, nello steso lettuccio letteratucoli entrambi, non questo più di quello ingordo adultero, rivali compagni di ragazzine. Capita bene ai brutti cinedi.
48 – Melliflui occhi gli occhi tuoi, Iuvenzio, se mai mi si permettesse di baciarli sempre, sempre fino a trecentomila volte li bacerei e non mi sembra che sarei mai sazio, nemmeno se la messe del nostro baciarci fosse più densa delle spighe mature.
49 – Il più eloquente dei nipoti di Romolo, quanti sono e auanti furono, Marco Tullio, quanti saranno negli altri anni, ti rende il maggior grazie Catullo, il poeta peggiore di tutti, di tanto il poeta peggiore di tutti, di quanto tu l’avvocato migliore di tutti.