Quoniam messis matura erat et tempus metendi iam appetebat, agricola filium ad amicos misit et ei dixit: “Roga ut veniant nos adiuturi. Cras metere constitui”. Postiridie pater filiusque domi manserunt et usque ad vesperum amicorum adventum frustra exspectaverunt; deninque agricola filio dixit: “Fortasse amici negotiis suis impediti sunt. Arcessamus igitur cognatos ut cras, prima luce, in auxilium veniant”. Postero die agricola: “Expectemus -inquit- donec cognati veniant!”. Totum diem ecpectaverunt, sed cognati non venerunt. Itaque tertio die agricola expectatione exacerbatus dixit: “Fili mi, nequiquam expectavimus: nunc tempus agendi est. Censeo ut soli metere debeamus neque aut amicos aut cognatos expextemus; equidem vires nostrae ad opus sufficient. Falcem acue! Videamus ne etiam hunc diem, frustra expectando, teramus”.
Poichè era già maturo il tempo del raccolto e della mietitura, il contadino mandò il figlio agli amici e gli disse: “Chiedi che vengano ad aiutarci. Domani ho deciso di mietere”. Il giorno dopo il padre e il figlio rimasero a casa e fino a sera aspettarono inutilmente l’arrivo degli amici; infine il contadino disse al figlio: “Forse gli amici sono stati impediti dai loro affari. Dunque chiamiamo i parenti in modo che, domani, all’alba, vengano in aiuto!”. Il giorno dopo il contadino: “Aspetteremo – disse – fino a che non verranno i parenti!”. Aspettarono tutto il giorno ma i parenti non vennero. E così il terzo giorno il contadino esausto dall’attesa disse: “O figlio mio, non aspettiamo più: ora è tempo di agire. Penso che dobbiamo mietere da soli e non aspettiamo più amici o parenti; sono sufficienti le nostre forze all’opera. Prendi la falce! Facciamo in modo che questo giorno non sia perso con l’inutile aspettare”.