“L’apologo di Menenio Agrippa”

Cum Romana plebs a patribus in montem Sacrum secessissent, quod tributum et militiam non tolerabat, nec revocari posset, senatui placuit oratorem ad plebem mitti Menenuim Agrippam, facundum virum et, quod inde oriundus erat ei carum. Is in castra intromissus, hanc fabulam populo narravit: “Olim humani artus, cum ventrem otiosum cernerent, eum punire voluerunt et suum ministerium illi negaverunt. Cum eo modo et ipsi deficerent, intellexerunt ventrem in otio non esse sed acceptos cibos per omnia membra dissere, et cum eo in gratiam reverterunt; sic senatus et plebs quasi unum corpus discordia pereunt, concordia valent”. Rerum scriptores Romanam plebem hac fabula flexam in urbem revertisse tradunt.

Essendosi la plebe romana divisa dai senatori sul monte Sacro, perchè non tollerava il tributo e la milizia, nè potendo essere richiamato, il senato decise di mandare alla plebe come oratore Menenio Agrippa, uomo facondo e, perchè era oriundo, a quella caro. Questo entrato nell’accampamento, narrò questa storia al popolo: “Una volta le membra dell’uomo, vedendo il ventre ozioso, erano in dissidio con quello e cospirarono affinchè la mano non portasse il cibo alla bocca, affichè la bocca non prendesse ciò che gli veniva dato e i denti non lo masticassero. Ma mentre vogliono domare il ventre, loro stessi mancarono, e così tutto il corpo arrivò all’estrema consumazione. Così il ventre non sembrò per niente essere una funzione pigra, e che quello distribuiva tutti i cibi assunti attraverso tutte le membra. E così tornarono in pace con quello; così il senato e il popolo, come un corpo solo, periscono con la discordia, acquisiscono forza con la concordia”. Gli storici dicono che la plebe romana piegata da questa storia sia tornata in città.