“Un Viaggio da Atene a Roma”

Navis, et vectorum et mercium plena, Piraeum, Athenarum portum, relinquit: nautae oculus adiciunt in mirum templum deae Athenae, – graeca lingua Parthenon dicitur – quod splendet in arce urbis, quae Acropolis nominatur. Celeriter navis ventis secundis in altum ducitur. Sol occidit et nox in caelo sidera fert quae nautis viam ostendunt, iam navis laeva Cytheram insulam Veneris deae sacram, relinquit, dextra taenarum promuntorium, qua ad inferos via est. Cum nautae in mare ionium intrat Graeciae litora salutant et ad Italiam navigant. Navigatio usque ad Siciliam tranquilla est, sed fretum siculum, inter Scyllam et Carybdim, horrida monstra, ventorum vi agitatur. Denique gubernatoris peritia nautarumque diligentia navis integra in mare tirrhenum transit. Vectores, longo itinere fessi, cum latii litora vident, “Italiam, Italiam!” una voce clamant. Tandem navis ex alto in Ostiae portum intrat. Nautae de navi exeunt et Neptuno aquarum regi, atque Iovi, deorum patri, sacrificium faciunt.

La nave, piena di merci e vettovaglie, lascia il Pireo, porto di Atene: i marinai volgono lo sguardo al mirabile tempio di Atena – che nella lingua greca è chiamato Partenone – che splende nella rocca della città che è chiamata Acropoli. Velocemente la nave con venti favorevoli è condotta in alto. Il sole tramonta e la notte porta gli astri in cielo che mostrano la via ai marinai, già la nave leggera lascia l’isola di Citerea sacra alla dea Venere, alla destra il promontorio di Tenaro, che è la via agli inferi. Quanto i marinai entrano nel mar Ionio salutano i lidi della Grecia e navigano verso l’Italia. La navigazione fino alla Sicilia è tranquilla ma lo stretto degli scogli, tra Scilla e Cariddi, orribili mostri, è agitato dalla forza dei venti. Infine per l’esperienza dei timonieri e la perizia dei marinai la nave passa integra nel mar Tirreno. I vettori, stanchi per il lungo viaggio, quando vedono i lidi del Lazio gridano a gran voce: “Italia, Italia!”. Allora la nave entra dall’alto nel porto di Ostia. I marinai scendono dalla nave e fanno un sacrificio a Nettuno re delle acque dei mari, e a Giove padre degli dei e degli uomini.