36 – Annales Volusi, cacata carta, votum solvite pro mea puella. nam sanctae Veneri Cupidinique vovit, si sibi restitutus essem desissemque truces vibrare iambos, electissima pessimi poetae scripta tardipedi deo daturam infelicibus ustulanda lignis. et hoc pessima se puella vidit iocose lepide vovere divis. nunc o caeruleo creata ponto, quae sanctum Idalium Vriosque apertos quaeque Ancona Cnidumque harundinosam colis quaeque Amathunta quaeque Golgos quaeque Durrachium Hadriae tabernam, acceptum face redditumque votum, si non illepidum neque invenustum est. at vos interea venite in ignem, pleni ruris et inficetiarum. annales Volusi, cacata carta.
37 – Salax taberna vosque contubernales, a pilleatis nona fratribus pila, solis putatis esse mentulas vobis, solis licere, quidquid est puellarum, confutuere et putare ceteros hircos? an, continenter quod sedetis insulsi centum an ducenti, non putatis ausurum me una ducentos irrumare sessores? atqui putate: namque totius vobis frontem tabernae sopionibus scribam. puella nam mi, quae meo sinu fugit, amata tantum quantum amabitur nulla, pro qua mihi sunt magna bella pugnata, consedit istic. hanc boni beatique omnes amatis, et quidem, quod indignum est, omnes pusilli et semitarii moechi; tu praeter omnes une de capillatis, cuniculosae Celtiberiae fili, Egnati. opaca quem bonum facit barba et dens Hibera defricatus urina.
38 – Male est, Cornifici, tuo Catullo malest, me hercule, et laboriose, et magis magis in dies et horas. quem tu, quod minimum facillimumque est, qua solatus es allocutione? irascor tibi. sic meos amores? paulum quid lubet allocutionis, maestius lacrimis Simonideis.
36 – Annali di Volusio, carta cacata, sciogliete il voto per la mia ragazza. Alla santa Venere ed a Cupido fece voto, se le fossi stato restituito e avessi smesso di vibrare truci giambi, che avrebbe dato i sceltissimi scritti del pessimo poeta al dio dal piede lento da bruciare con legna maledetta. E lo vide la pessima ragazza di far voto agli dei con scherzo e garbo. Adesso o nata dall’azzurro mare, tu che abiti il santo Idalio e l’aperta Uri, tu che ( abiti) Ancona e Cnido ricca di canneti, tu che Amatunte, tu che Golgi, tu che Durazzo, osteria dell’Adriatico, rendi accetto e realizzato il voto, se non è sgarbato e scortese. E voi intanto venite nel fuoco, pieni di campagna e di sciocchezze, annali di Volusio, carta cacata.
37 – Sporca osteria e voi compagnoni, nono pilastro dai fratelli imberrettati, pensate di avere voi soli le minchie, a voi soli esser lecito, tutte quelle che son ragazze, fotterle e pensare bechhi gli altri? O, perché sedete insulsi in fila in cento o duecento, non pensate che io oserei irrumarne insieme duecento seduti? Perciò riflettete: per voi cazzoni scriverò sul frontone di tutta l’osteria. La ragazza, che fuggì dal mio amplesso, da me tanto amata quanto nessun altra sarà amata, per la quale io ho combattuto molte guerre, siede lì con voi. La amate tutti felici e contenti e senz’altro, che è cosa indegna, tutti piccolini e puttanieri di strada; tu unico sugli altri tra i capelloni, figlio della Celtiberia dei conigli, Egnazio.Ti fa bello una barba scura e la dentatura strofinata da urina spagnola.
38 – Sta male, Cornificio, il tuo Catullo sta male, per Ercole, e penosamente, e sempre più di giorno in giorno, di ora in ora. Ma tu, cosa che è minima e facilissima, con quale dialogo l’hai consolato? Mi arrabbio con te. Così i miei amori? Un poco, quel che ti piace, di dialogo, più mesto delle lacrime Simonidee.