Carme 4-5-6

4 – Phaselus ille, quem videtis, hospites, ait fuisse navium celerrimus, neque ullius natantis impetum trabis nequisse praeterire, sive palmulis opus foret volare sive linteo. et hoc negat minacis Hadriatici negare litus insulasve Cycladas Rhodumque nobilem horridamque Thraciam Propontida trucemve Ponticum sinum, ubi iste post phaselus antea fuit comata silva; nam Cytorio in iugo loquente saepe sibilum edidit coma. Amastri Pontica et Cytore buxifer, tibi haec fuisse et esse cognitissima ait phaselus: ultima ex origine tuo stetisse dicit in cacumine, tuo imbuisse palmulas in aequore, et inde tot per impotentia freta erum tulisse, laeva sive dextera vocaret aura, sive utrumque Iuppiter simul secundus incidisset in pedem; neque ulla vota litoralibus deis sibi esse facta, cum veniret a mari novissimo hunc ad usque limpidum lacum. sed haec prius fuere: nunc recondita senet quiete seque dedicat tibi, gemelle Castor et gemelle Castoris.
5 – Vivamus mea Lesbia, atque amemus, rumoresque senum severiorum omnes unius aestimemus assis! soles occidere et redire possunt: nobis cum semel occidit brevis lux, nox est perpetua una dormienda. da mi basia mille, deinde centum, dein mille altera, dein secunda centum, deinde usque altera mille, deinde centum. dein, cum milia multa fecerimus, conturbabimus illa, ne sciamus, aut ne quis malus invidere possit, cum tantum sciat esse basiorum.
6 – Flavi, delicias tuas Catullo, ni sint illepidae atque inelegantes, velles dicere nec tacere posses. verum nescio quid febriculosi scorti diligis: hoc pudet fateri. nam te non viduas iacere noctes nequiquam tacitum cubile clamat sertis ac Syrio fragrans olivo, pulvinusque peraeque et hic et ille attritus, tremulique quassa lecti argutatio inambulatioque. nam in ista praevalet nihil tacere. cur? non tam latera ecfututa pandas, ni tu quid facias ineptiarum. quare, quidquid habes boni malique, dic nobis. volo te ac tuos amores ad caelum lepido vocare versu.

4 – Quella barchetta, che vedete, amici, dice d’esser stata la più veloce delle navi, né la foga di nessuna tavola natante potè sorpassarla, sia ci fosse bisogno di volare con remetti che con la vela. E questo nega di negarlo il litorale del minaccioso Adriatico o le isole Cicladi la nobile Rodi e la selvaggia Tracia, la Propontide o la truce baia pontica, dove costei, in seguito barchetta, ma prima fu selva chiomata; sul giogo Citonio spesso, parlando la chioma, lanciò un sibilo. Anche nella pontica Amastri, Citore produttor di bosso, la barchetta dice che questo ti fu e ti è notissimo: afferma che si innalzò sulla tua cima, da ceppo antichissimo, inzuppò nella tua acqua i remetti, e di lì per tante onde indomabili portò il padrone, sia che un’aura sinistra o destra chiamasse, sia che Giove favorevole insieme battesse su entrambe le scotte; e da lei non fu fatto alcun voto agli dei litorali, quando venne dall’ultimo mare fino a questo limpido lago. Ma queste furon cose di prima: ora invecchia in solitaria quiete e si consacra a te, gemello Castore e gemello di Castore.
5 – Viviamo, mia Lesbia, ed amiamo, i brontolii dei vecchi troppo seri valutiamoli tutti un soldo! I soli posson tramontare e ritornare: per noi, quando una volta la breve luce tramonti, c’è un’unica perpetua notte da dormire. Dammi mille baci, poi cento, poi mille altri, poi ancora cento, poi sempre altri mille, poi cento. Poi, quando ne avrem fatti molte migliaia, li mescoleremo, per non sapere, o perché nessun malvagio possa invidiarli, sapendo esserci tanti baci.
6 – Flavio, le tue delizie a Catullo, se non fossero sgarbate ed ineleganti, vorresti dirle né potresti tacere. Proprio non so che di febbricitante baldracca ami: ci si vergogna a confessarlo. Che tu, in notti non vedove, scopi lo grida la camera per nulla tacita, fragrante di ghirlande e olivo estivo, pure il cuscino anche e questo e quello strofinio, e lo scricchiolìò ed il dondolìo agitato del letto tremolante. Su tali cose prevale il nulla tacere. Perché? Non mostreresti fianchi così fottuti, se tu non facessi un che di sconcezze. Perciò, qualsiasi cosa abbia di buono e di male, diccelo. Voglio te ed i tuoi amori con garbato verso gridare al cielo.