De Bello Gallico IV, 12

At hostes, ubi primum nostros equites conspexerunt, quorum erat V milium numerus, cum ipsi non amplius DCCC equites haberent, quod ii qui frumentandi causa erant trans Mosam profecti nondum redierant, nihil timentibus nostris, quod legati eorum paulo ante a Caesare discesserant atque is dies indutiis erat ab his petitus, impetu facto celeriter nostros perturbaverunt; rursus his resistentibus consuetudine sua ad pedes desiluerunt subfossis equis compluribus nostris deiectis reliquos in fugam coniecerunt atque ita perterritos egerunt ut non prius fuga desisterent quam in conspectum agminis nostri venissent. In eo proelio ex equitibus nostris interficiuntur IIII et LXX, in his vir fortissimus Piso Aquitanus, amplissimo genere natus, cuius avus in civitate sua regnum obtinuerat amicus a senatu nostro appellatus. Hic cum fratri intercluso ab hostibus auxilium ferret, illum ex periculo eripuit, ipse equo vulnerato deiectus, quoad potuit, fortissime restitit; cum circumventus multis vulneribus acceptis cecidisset atque id frater, qui iam proelio excesserat, procul animadvertisset, incitato equo se hostibus obtulit atque interfectus est.

Ma i nemici, appena videro la nostra cavalleria, che contava cinquemila unità, mentre loro non avevano più di ottocento cavalieri, visto che non erano ancora tornati quelli che erano stati mandati al di là della Mosa in cerca di grano, assalirono e sbaragliarono i nostri che non avevano ragione di temere un assalto, dal momento che gli ambasciatori dei Germani avevano da poco lasciato Cesare, dopo aver chiesto quel giorno di tregua. Quando i nostri si ripresero e cominciarono ad opporre resistenza, i nemici, seguendo la tattica abituale, smontarono e, colpendo dal basso i cavalli, disarcionarono parecchi dei nostri costringendo gli altri alla fuga, inseguendoli e spaventandoli al punto che non cessarono di fuggire se non quando furono in vista del nostro esercito in marcia. Perdemmo in questa battaglia settantaquattro cavalieri, tra i quali Pisone Aquitano, un uomo coraggiosissimo, di nobilissima stirpe, il cui avo aveva tenuto tra la sua gente il comando supremo e ricevuto dal nostro senato il titolo di amico del popolo romano. Questi, accorso in aiuto del fratello, che era stato circondato dai nemici, era riuscito a strapparlo al pericolo, ma, essendo stato colpito il suo cavallo, fu a sua volta disarcionato, e fino a quando gli fu possibile, resistette con grande valore, finché, circondato, cadde coperto di ferite. Quando il fratello, che ormai si era ritirato dalla battaglia, lo vide da lontano, spronato il cavallo, si slanciò tra i nemici e venne ucciso.