De finibus, V

Tantus est igitur innatus in nobis cognitionis amor et scientiae, ut nemo dubitare possit quin ad eas res hominum natura nullo emolumento invitata rapiatur. Videmusne ut pueri ne verberibus quidem a contemplandis rebus perquirendisque deterreantur? ut pulsi recurrant? ut aliquid scire se gaudeant? ut id aliis narrare gestiant? ut pompa, ludis atque eius modi spectaculis teneantur ob eamque rem vel famem et sitim perferant? quid vero? qui ingenuis studiis atque artibus delectantur, nonne videmus eos nec valitudinis nec rei familiaris habere rationem omniaque perpeti ipsa cognitione et scientia captos et cum maximis curis et laboribus compensare eam, quam ex discendo capiant, voluptatem? [Ut] mihi quidem Homerus huius modi quiddam vidisse videatur in iis, quae de Sirenum cantibus finxerit. neque enim vocum suavitate videntur aut novitate quadam et varietate cantandi revocare eos solitae, qui praetervehebantur, sed quia multa se scire profitebantur, ut homines ad earum saxa discendi cupiditate adhaerescerent.

Orbene, in noi è radicato un desiderio di conoscere e di sperimentare tanto grande, che nessuno potrebbe nutrire dubbi che la natura umana è, disinteressatamente, conquistata a tali conoscenze. Non vediamo forse come i fanciulli, neanche coi rimbrotti, rinunciano a scoprire e ad investigare le cose? Come, allontanati, vi ritornino? Come provino piacere ad imparare qualcosa? Come smanino di riferirlo ad altri? Come assistano rapiti a manifestazioni, giochi e spettacoli di tal fatta, al punto da dimenticare d’aver fame e sete? E dunque? Coloro che si profondono negli studi filosofici e scientifici, non vediamo che non badano né alla salute né alle occorrenze domestiche e s’adattano a tutto, rapiti dal sapere e dalla scienza in sé, e pagano con grandissimi affanni e fatiche quel piacere che traggono dalla conoscenza? Ora, ho l’impressione che Omero abbia voluto intendere un qualcosa di simile con la sua metafora sul canto delle Sirene. Queste, infatti, come sembra chiaro, erano solite attirare i navigatori, ma non tanto con la bellezza della loro voce o con l’inusitata melodia del canto, quanto piuttosto con la promessa di svelare grandi segreti; e i navigatori, spinti dal desiderio di conoscere, andavano a schiantarsi sui loro scogli.