Difficile est dictu utrum Epaminondas melior vir an dux fuerit. Nam et imperium non sibi sed patriae semper quaesivit et pecuniae adeo parcus fuit ut pauper decesserit atque publico sumptu elatus sit. Litterarum ac philosophiae scientia tanta ei fuit, ut omnes quaererent unde etiam tam insignem rei militaris peritiam sibi paravisset. Neque ab hoc vitae proposito mortis ratio dissensit. Nam Epaminondas, cum Lacedaemonios apud Mantineam vicisset simulque ipse gravi vulnere exanimari se videret, in castra semianimis relatus, vocem spiritumque collegit atque e circumstantibus quaesivit salvusne esset clipeus. Quod cum salvum esset sui responderunt, rogavit essentne fusi hostes. Cum id quoque, ut cupiebat, audivisset, evelli iussit eam, qua transfixus erat, hastam. Ita in multo sanguine sed in laetitia et in victoria, patriae gratia agens, exspiravit.
E’ difficile a dire se Epaminonda fu migliore come uomo che come comandante. Infatti non chiedeva il potere per se stesso ma per la patria e fu così parco di denaro che allontanò la povertà e con spesa pubblica. A quello fu tanta la conoscenza delle lettere e della filosofia, che tutti gli chiedevano dove avesse appreso una simile perizia nell’arte militare. E non dissentiva da questo proposito di vita la sua idea della morte. Infatti Epaminonda, avendo vinto i Lacedemoni presso Mantinea ed essendosi accorto di morire per una grave ferita, riportato nell’accampamento inanime, unì la voce e lo spirito e chiese a chi lo circondava se lo scudo fosse salvo. Poichè gli risposero che era stato salvato, chiese se i nemici lo avessero rotto. Avendo sentito ciò, come desiderava, ordinò che quell’asta che lo aveva trafitto gli fosse tolta. Così nel molto sangue ma nella gioia e nella vittoria, rendendo grazia alla patria, morì.