Meneclides quidam, quod in re militari florere Epaminondam videbat, hortari solebat Thebanos, ut pacem bello anteponerent, ne illius imperatoris opera desideraretur. Hiuc ille:”Fallis verbo dixit cives tuos, quod hos a bello avocas: otii enim nomine servitutem concilias. Nam paritur pax bello. Itaque qui ea diutina volunt frui, bello exercitati esse debent. Quare si principes graeciae optatis esse, castris est vobis utendum, non palaestra”. Idem ille Meneclides, cum huic obiceret insolentiam, quod sibi videretur Agamemnonis belli gloriam consecutus esse, ille: “quod me Agamemnonem aemulari putas, falleris. Namque ille cum universa graecia vix decem annis unam cepit urbem, ego contra urbe nostra dieque uno totam graeciam, Lacedaemoniis fugatis, liberavi.
Un certo Meneclide, poichè vedeva Epaminonda distinguersi nell’arte militare, soleva esortare i Tebani ad anteporre la pace alla guerra affinché non fosse richiesta l’opera di quel comandante. Quello disse a questo: “Inganni i tuoi cittadini con le parole poichè li distogli dalla guerra: infatti tu favorisci la schiavitù in nome della pace. Infatti la pace è generata dalla guerra. E così coloro che vogliono godere di una pace duratura, devono essere esercitati nella guerra. Per cui se volete essere i capi della Grecia (avere la supremazia), dovete usare l’accampamento, non la palestra.” Poiché sempre lo stesso Meneclide insolentiva questo (Epaminonda), poichè credeva di aver uguagliato la gloria di Agamennone quello disse “Ti sbagli poichè pensi che io rivaleggi con Agamennone. Infatti quello con tutta la Grecia prese a stento una città in dieci anni, io invece, con la nostra città, liberai tutta la Grecia, in un solo giorno, dopo aver messo in fuga gli Spartani.