“La cornacchia superba”

Graculus, tumens inani superbia, pavonis pennas collegit postquam in terram deciderant, et corpus suum exornavit. Deinde, graculorum genus contemnens, cum formoso pavonum grege familiaritatem appetiviat. Ii autem impudentis avi pennas subtraxerunt et rostris fugaverunt. Male mulcatus graculus maerens ad proprium genus revertit. Sed repulsus est quoque a graculis dicentibus: “Quia nostras sedes tuamque naturam contempsisti, merito pavonum contumeliam et repulsam nostram nunc sentis”. Fabula exemplum prodit hominibus: aliena bona petere et sua contemnere stultum est.

La cornacchia, gonfia di vana superbia, raccolse le penne del pavone dopo che erano cadute a terra e adornò il proprio corpo. Poi, disprezzando la sua stessa specie di cornacchie, cercò di stringere amicizia con il bel gruppo di pavoni. Tuttavia, questi gli strapparono le penne rubate e lo cacciarono via con i loro becchi. Malconcio e addolorato, la cornacchia tornò al suo gruppo, ma fu respinto anche dai suoi simili, che gli dissero: “Poiché hai disprezzato la nostra compagnia e la tua stessa natura, meriti ora sia l’oltraggio dei pavoni sia il nostro rifiuto”. La favola offre un insegnamento per gli uomini: è sciocco desiderare i beni altrui e disprezzare i propri.

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