De Bello Gallico, VIII, 13

Non intermittunt interim cotidiana proelia in conspectu utrorumque castrorum, quae ad vada transitus que fiebant paludis. Qua contentione Germani, quos propterea Caesar traduxerat Rhenum ut equitibus interpositi proeliarentur, cum constantius universi paludem transissent paucisque resistentibus interfectis pertinacius reliquam multitudinem essent insecuti, perterriti non solum ei qui aut comminus opprimebantur aut eminus vulnerabantur, sed etiam qui longius subsidiari consuerant, turpiter refugerunt, nec prius finem fugae fecerunt saepe amissis superioribus locis quam se aut in castra suorum reciperent, aut nonnulli pudore coacti longius profugerent. Quorum periculo sic omnes copiae sunt perturbatae ut vix iudicari posset, utrum secundis minimisque rebus insolentiores an adverso mediocri casu timidiores essent.

Frattanto, non conoscono pausa le scaramucce quotidiane al cospetto dei due accampamenti, nei pressi dei guadi e dei passaggi della palude. In una di esse i Germani, che Cesare aveva portato al di qua del Reno perché combattessero frammischiati ai cavalieri, varcarono tutti la palude con molta decisione, uccisero i pochi che tentavano la resistenza e inseguirono piuttosto caparbiamente gli altri, seminando il panico non solo in chi era pressato da vicino o veniva colpito da distante, ma anche tra i rincalzi, che stazionavano più lontano, come al solito. Fu una rotta vergognosa: scalzati, via via, dalle posizioni dominanti, non si fermarono finché non trovarono riparo nel loro accampamento; altri, in preda alla vergogna, proseguirono la fuga anche oltre il campo. Il pericolo corso sconvolse l\’intero corpo nemico, al punto che si rende difficile stabilire se i Galli siano più inclini alla boria per insignificanti vittorie oppure pavidi di fronte a mediocri avversità.