De Bello Gallico, VIII, 39

Ibi crebris litteris Canini fit certior quae de Drappete et Lucterio gesta essent, quoque in consilio permanerent oppidani. Quorum etsi paucitatem contemnebat, tamen pertinaciam magna poena esse adficiendam iudicabat, ne universa Gallia non sibi vires defuisse ad resistendum Romanis, sed constantiam putaret, neve hoc exemplo ceterae civitates locorum opportunitate fretae se vindicarent in libertatem, cum omnibus Gallis notum esse sciret reliquam esse unam aestatem suae provinciae, quam si sustinere potuissent, nullum ultra periculum vererentur. Itaque Q. Calenum legatum cum legionibus reliquit qui iustis itineribus subsequeretur; ipse cum omni equitatu quam potest celerrime ad Caninium contendit.

Mentre era ancora dai Carnuti, grazie alle frequenti lettere di Caninio viene informato delle novità di Drappete e Lucterio e dell’irriducibile resistenza degli abitanti di Uxelloduno. Cesare, sebbene ne disprezzasse lo scarso numero, giudicava di dover infliggere a tanta pervicacia una dura lezione, perché la Gallia intera non pensasse che nella resistenza ai Romani le era mancata non la forza, ma la costanza, oppure per evitare che, seguendo l’esempio, gli altri popoli cercassero di rendersi liberi, confidando sui vantaggi dei luoghi; inoltre, a tutti i Galli – ben lo sapeva – era noto che gli restava una sola estate da passare in provincia, e se per quel lasso di tempo riuscivano a resistere, non avrebbero più dovuto temere alcun pericolo. Così, lascia il legato Q. Caleno con due legioni e lo incarica di seguirlo a tappe normali; dal canto suo, si dirige il più velocemente possibile alla volta di Caninio con tutta la cavalleria.