Ab Urbe Condita, XXIX, 20

Haec quamquam partim vera partim mixta eoque similia veris iactabantur, tarnen vicit Q. Metelli sententia qui de ceteris Maximo adsensus de Scipionis causa dissensit: qui enim convenire quem modo civitas iuvenem admodum unum reciperandae Hispaniae delegerit ducem, quem recepta ab hostibus Hispania ad imponendum Punico bello finem creaverit consulem, spe destinaverit Hannibalem ex Italia retracturum, Africam subacturum, eum repente, tamquam Q. Pleminium, indicta causa prope damnatum ex provincia revocari, cum ea quae in se nefarie facta Locrenses quererentur ne praesente quidem Scipione facta dicerent, neque aliud quam patientia aut pudor quod legato pepercisset insimulari posset? Sibi piacere M. Pomponium praetorem, cui Sicilia provincia sorti evenisset, triduo proximo in provinciam proficisci: consules decern legatos quos iis videretur ex senatu legere quos cum praetore mitterent, et duos tribunos plebei atque aedilem; cum eo Consilio praetorem cognoscere; si ea quae Locrenses facta quererentur iussu aut voluntate P. Scipionis facta essent, ut eum de provincia decedere iuberent; si P. Scipio iam in Africam traiecisset, tribuni plebis atque aedilis cum duobus legatis quos maxime idoneos praetor censuisset in Africam proficiscerentur, tribuni atque aedilis qui reducerent inde Scipionem, legati qui exercitui praeessent donec novus imperator ad eum exercitum venisset: si M. Pomponius et decern legati comperissent neque iussu neque voluntate P. Scipionis ea facta esse, ut ad exercitum Scipio maneret bellumque ut proposuisset gereret. Hoc facto senatus consulto, cum tribunis plebis actum est aut compararent inter se aut sorte legerent qui duo cum praetore ac legatis irent: ad collegium pontificum relatum de expiandis quae Locris in tempio Proserpinae tacta ac violata elataque inde essent. Tribuni plebis cum praetore et decern legatis profecti M. Claudius Marcellus et M. Cincius Alimentus; aedilis plebis datus est quem, si aut in Sicilia praetori dicto audiens non esset Scipio aut iam in Africam traiecisset, prendere tribuni iuberent, ac iure sacrosanctae potestatis reducerent. prius Locros ire quam Messanam consilium erat.

Benché queste cose che si spacciavano fossero vere in parte, in parte miste, e per ciò più simili al vero, nondimeno prevalse il parere di Quinto Metello, il quale, assentendo quanto al resto a Quinto Fabio, discordò quanto a Scipione. “Infatti, come accordare insieme, che quello che testé la città elesse assai giovane a recuperare la Spagna, quello che, recuperata la Spagna, creò console per metter fine alla guerra Cartaginese, per opera del quale sperò che Annibale potesse essere scacciato dall’Italia e l’Africa soggiogata, questo stesso, come un altro Quinto Pleminio, quasi condannato prima di ascoltarlo sia improvvisamente richiamato dalla provincia? Mentre che le iniquità, di cui si dolgono i Locresi non le dicono commesse presente Scipione, né di altro si può tacciarlo, che di pazienza o troppo rispetto per aver perdonato al legati. Era egli d’avviso, che il pretore Marco Pomponio, cui era toccata in sorte la Sicilia, nei prossimi tre giorni andasse al suo governo; che i consoli scegliessero nel senato dieci legati, che paresse loro, mandandoli con il pretore e insieme due tribuni della plebe ed un edile; che il pretore con questo consiglio conoscesse della cosa. Se avessero trovato i falli di cui si lamentavano i Locresi avvenuti per volontà o comando di Publio Scipione, gli ordinassero di partire dalla provinicia. Se Publio Scipione fosse già passato in Africa, i tribuni della plebe, e l’edile con due legati che il pretore stimasse più idonei, andassero in Africa; i tribuni e l’edile per portare via da lì Scipione; i legati per attendere all’esercito, in sino a tanto, che vi giungesse il nuovo comandante. Se poi Marco Pomponio e i dieci legati avessero trovato che quelle cose non erano state fatte né per comando, né per volere di Publio Scipione, rimanesse Scipione al comando dell’esercito, governasse la guerra nella forma, che aveva proposto”. Fatto questo decreto, si trattò con i tribuni, perché tra loro convenissero o scegliessero a sorte i due che andassero col pretore e con i legati. Si consultò il collegio dei pontefici intorno all’espiazione da farsi per le cose toccate, violate o portate via dal tempio di Proserpina in Locri. Partirono con il pretore e con i dieci legati i tribù della plebe Marco Claudio Marcello e Marco Cinzio Alimento. Si aggiunse loro un edile della plebe, al quale, se Scipione o in Sicilia o di già passato in Africa ricusasse di obbedire, i tribuni commettessero di arrestarlo, e in virtù del sacrosanto loro potere, lo riportassero. Erano del parere di andare prima a Locri che a Messina.