“La scuola pubblica”

Vix enim se prima elementa ad spem tollere effingendae quam summam putant eloquentiae audebunt: proxima amplectentur magis, ut vites arboribus adplicita e inferiores prius adprendendo ramos in cacumina evadunt. Quod adeo verum est ut ipsius etiam magistri, si tamen ambitiosis utilia praeferet, hoc opus sit, cum adhuc rudia tractabit ingenia, non statim onerare infirmitatem discentium, sed temperare vires suas et ad intellectum audientis descendere. Nam ut vascula oris angusti superfusam umoris copiam respuunt, sensim autem influentibus vel etiam instillatis complentur, sic animi puerorum quantum excipere possint videndum est: nam maiora intellectu velut parum apertos ad percipiendum animos non subibunt.

Chi ha a che fare con i primi elementi, infatti, difficilmente oserà elevarsi fino alla speranza di riprodurre l’eloquenza, che stima l’obiettivo massimo. Abbraccerà piuttosto le nozioni più vicine, come le viti abbarbicate agli alberi prima afferrano i rami bassi e poi si arrampicano verso l’alto. Ciò è tanto vero che anche lo stesso maestro, purché preferisca l’utilità all’ambizione, nel rivolgersi a menti ancora inesperte ha il compito non di gravare da subito con carichi eccessivi sulla debolezza degli allievi, bensì di moderare le proprie forze e abbassarsi alla loro capacità di comprensione. Come infatti i vasetti con l’imboccatura stretta lasciano colare all’esterno il liquido che vi viene versato in abbondanza, mentre si riempiono dei liquidi che entrano poco a poco o addirittura a gocce, così bisogna stare attenti a quante nozioni possano ricevere le menti dei ragazzi: infatti quelle che superano le loro possibilità di comprensione non penetreranno in intelletti, per così dire, troppo poco aperti per riceverle.