Ad Lucilium, XV, 95, 51-52-53 (“Filosofia e felicità“)

Ecce altera quaestio, quomodo hominibus sit utendum. Quid agimus? Quae damus praecepta? Ut parcamus sanguini humano? Quantulum est ei non nocere cui debeas prodesse! Magna scilicet laus est si homo mansuetus homini est. Praecipiemus ut naufrago manum porrigat, erranti viam monstret, cum esuriente panem suum dividat? Quare omnia quae praestanda ac vitanda sunt dicam? Cum possim breviter hanc illi formulam humani offici tradere: omne hoc quod vides, quo divina atque humana conclusa sunt, unum est; membra sumus corporis magni. Natura nos cognatos edidit, cum ex isdem et in eadem gigneret; haec nobis amorem indidit mutuum et sociabiles fecit. Illa aequum iustumque composuit; ex illius constitutione miserius est nocere quam laedi; ex illius imperio paratae sint iuvandis manus. Ille versus et in pectore et in ore sit: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”. Habeamus in commune: nati sumus. Societas nostra lapidum fornicationi simillima est, quae, casura nisi in vicem obstarent, hoc ipso sustinetur.

Ecco un altro problema, come dobbiamo comportarci con gli uomini? Che cosa dobbiamo fare? quali precetti dobbiamo dare? E che dobbiamo risparmiare il sangue umano? Che poca cosa è non nuocere a colui tu devi giovare! È davvero grande cosa se un uomo è clemente con un altro uomo. Consiglieremo di porgere la mano al naufrago, di mostrare la via al viaggiatore, di dividere il suo pane con colui che ha fame? Quando dirò tutte le cose che si devono fare e quali si devono evitare? Mentre posso brevemente trasmettergli questa formula dei doveri umani e tutto questo che vedi da cui è racchiuso ogni elemento divino ed umano, è unico e siamo membra di un grande corpo. La natura ci ha creato parenti poiché ci ha generato da quelli e in vista di quelli. Questa ci ha infuso un amore reciproco e ci ha fatto “sociali”. Quella metteva insieme il giusto e l’equo, sulla base delle sue norme è più misero nuocere che ricevere un’offesa: ai suoi comandi le mai siano pronte ad aiutare. Quel verso sia ben radicato nel cuore e sulle labbra: “Sono un uomo, nulla di umano ritengo a me estraneo”. Teniamo presente questo: siamo nati per vivere in comune: la nostra società è molto simile ad una volta di pietre che, è destinata a cadere se non si sorreggessero a vicenda, proprio per questo è sostenuta.