Epitome de Tito Livio, I, 1 (12-13)

12 – Sed cum pari robore frequentibus proeliis utrique comminuerentur, misso in compendium bello, Horatiis Curiatiisque, trigeminis hinc atque inde fratribus, utriusque populi fata permissa sunt. Anceps et pulchra contentio exituque ipso mirabilis. Tribus quippe illinc volneratis, hinc duobus occisis, qui supererat Horatius addito ad virtutem dolo, ut distraheret hostem, simulat fugam singulosque, prout sequi poterant, adortus exsuperat.
13 – Sic rarum alias decus unius manu parta victoria est, quam ille mox parricidio foedavit. Flentem spolia circa se sponsi quidem, sed hostis, sororem viderat. Hunc tam inmaturum amorem virginis ultus est ferro. Citavere leges nefas, sed abstulit virtus parricidam et facinus infra gloriam fuit. Nec diu in fide Albanus.

12 – Ma poiché con pari forza si erano indeboliti in frequenti battaglie, fu deciso di concludere la guerra con un compromesso: fu affidato ai tre fratelli Orazi, da una parte, e ai tre fratelli Curiazi, dall’altra, il destino dei rispettivi popoli. Fu una contesa incerta e bellissima, con un esito che suscitò meraviglia. Infatti, mentre tre degli Orazi erano feriti, due dei Curiazi erano morti, e Orazio, l’unico rimasto, per raggiungere la vittoria, mise in atto un inganno, simulando la fuga e attaccando poi i nemici singolarmente, quando questi cercavano di inseguirlo.
13 – Così, la vittoria, che era stata conquistata con una sola mano, divenne una gloria effimera, quando Orazio la macchiò poco dopo con un atto di parricidio. Egli vendicò con la spada la sorella, che piangeva intorno ai trofei del suo fidanzato, ma che aveva visto il nemico. Anche se la legge condannava tale crimine, la virtù di Orazio superò tale ingiustizia e il suo crimine rimase al di sotto della sua gloria. Tuttavia, non molto tempo dopo, l’Albano si dimostrò infedele alla sua alleanza.

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