Guerra e pace tra Romani e Sabini

Novum bellum a Sabinis in Romanos geritur, neque prius indicitur quam committitur. Dolus enim consilio additur: Sp. Tarpeio, duci Romanae arcis, filia erat virgo, nomine Tarpeia. Tatius Sabinus rex Tarpeiam auro corrumpit et armatis arcem capit. Tarpeia a Sabini mercedem petit armillas aureas gemmatosque anulos, quos in laevo brachio habebant, sed Sabini virginem scutis, quae laevo brachio gerunt, obruunt atque interficiunt. Sabini arcem tenent, Romani iniquo loco pugnare coguntur. Tunc Romulus rex cum globo animosorum iuvenum Mettium Curtium, Sabinorum principem, petit ac fundit. Sabini autem in media convalle duorum montium redintegrant proelium: acriter cruenteque pugnatur. Tum Sabinae mulieres, quod bellum propter iniuriam ludorum gerebatur, inter gladios ac tela se interponunt ac supplices orant uno tempore patres et viros: “Si adfinitatem inter vos recusatis, si conubium reicitis, in nos vertite iras; nos a causa belli, nos causa vulnerum ac caedium viris ac parentibus sumus; e vita excedemus potius quiam sine alteris vestrum viduae aut orbae vivemus”. Et multitudo militum et duces commoventur; duces tandem non solum bellum componunt, sed etiam regnum consociant et civitatem unam ex duabus faciunt.

Dai Sabini viene mossa una nuova guerra contro i Romani e, prima di essere attaccata, non viene dichiarata. Infatti alla decisione si aggiunge un inganno: Spurio Tarpeo, capo della roccaforte romana, aveva una figlia vestale, di nome Tarpea. Il re sabino Tazio corrompe col denaro Tarpea e con milizie armate conquista la roccaforte. Tarpea chiede ai Sabini come ricompensa i braccialetti d’oro e gli anelli ricoperti di gemme, che portavano sul braccio sinistro, ma i Sabini soffocano la ragazza con gli scudi, che avevano con sé nel braccio sinistro, e l’ammazzano. I sabini occupano la rocca, i Romani sono costretti a combattere in una posizione sfavorevole. Allora re Romolo con un manipolo di giovani coraggiosi si dirige da Mezio Curzio, capo dei Sabini, e lo sconfigge. Ma i Sabini in mezzo ad una valle comune tra due montagne riprendono il combattimento: si combatte duramente e sanguinosamente. Allora le donne sabine, poiché la guerra era mossa a causa dell’offesa dei “ludi”, si intromisero tra le spade e i dardi e come supplici pregano contemporaneamente padri e mariti: “Se rifiutate una parentela tra di voi, se respingete un’unione, abbattete contro di noi le ire; noi siamo motivo di guerra, motivo di ferite e di uccisioni per i mariti e parenti; moriremo piuttosto che vivere da vedove o orfane senza uno di voi”. Sia la moltitudine dei soldati sia i comandanti si commuovono; infine i comandanti non soltanto pongono fine alla guerra, ma mettono in comune il regno, e da due popoli ne creano uno solo.

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