Olim mus rusticus urbanum murem, veterem amicum suum, ad cenam in paupere cavo invitavit et hospit in humuli mensa ciceres et uvas aridas et duras vicini memoris glandes apposcuit. Urbanus mus vix vilem cibum dente superbo tangebat et rustica alimenta contemnebat. Tandem sic exclamavit: “Cur, amice, vitam tam miseram ruri agis? Veni nepum in urbem, ubi magnam cibi suavis copiam in venie set beatus sine curis vides”. Consilium placuit muri rustico et is migravit cum comite in domicilium splendidum urbanum; hic dum tranquilli et securi cenante et gustant cibaria soaves, de improvviso, latratus canum resonant et servi irrumpunt. Mures territi fugiunt et vestigant refugium. Tum mus rusticus dixit muri urbano: “Vale amice mie, mane in urbe cum tuis cibis soavibus, ego autem redeo in meam miseram et securam vitam rusticam”.
Una volta, un topo di campagna invitò e ospitò un topo di città, un suo vecchio amico, a pranzo in una misera tana e servì in un’umile tavola ceci, uva secca e aspra e ghiande dal bosco vicino. Il topo di città assaggiava appena quel cibo banale con gusto severo e disprezzava quegli alimenti contadini. Infine così esclamò: “Perché, o amico, conduci una vita talmente misera in campagna? Vieni con me in città, dove troverai abbondante quantità di cibo piacevole e vivrai felice senza preoccupazioni”. Il consiglio piacque al topo di campagna e si trasferì con il compagno nella magnifica casa urbana; qui mentre tranquilli e sicuri cenavano e gustavano le vivande delicate, all’improvviso rimbombano i latrati dei cani e irrompono i servi. I topi spaventati scappano e cercano un rifugio. Allora il topo di campagna disse al topo di città: “Salute amico mio, tu rimani in città con i tuoi cibi squisiti, io invece ritorno alla mia povera e sicura vita di campagna”.