113 – Consule Pompeio primum duo, Cinna, solebant Maeciliam: facto consule nunc iterum manserunt duo, sed creverunt milia in unum singula. fecundum semen adulterio.
114 – Firmano saltu non falso Mentula dives fertur, qui tot res in se habet egregias, aucupium omne genus, piscis, prata, arva ferasque. nequiquam: fructus sumptibus exsuperat. quare concedo sit dives, dum omnia desint. saltum laudemus, dum modo ipse egeat.
115 – Mentula habet instar triginta iugera prati, quadraginta arvi: cetera sunt maria. cur non divitiis Croesum superare potis sit, uno qui in saltu tot bona possideat, prata arva ingentes silvas saltusque paludesque usque ad Hyperboreos et mare ad Oceanum? omnia magna haec sunt, tamen ipsest maximus ultro, non homo, sed vero mentula magna minax.
116 – Saepe tibi studioso animo venante requirens carmina uti possem mittere Battiadae, qui te lenirem nobis, neu conarere tela infesta mittere in usque caput, hunc video mihi nunc frustra sumptum esse laborem, Gelli, nec nostras hic valuisse preces. contra nos tela ista tua evitamus amictu at fixus nostris tu dabis supplicium.
113 – Sotto il consolato di Pompeo, la prima volta, due, Cinna, avevan l’abitudine di Mecilia: adesso, diventato console, per la seconda son rimasti due, ma crebbero ognuno migliaia per ciascuno. Seme fecondo con l’adulterio.
114 – Per la boscaglia di Fermo, non falsa, Minchia vien detto ricco, che in sé ha molte cose notevoli, ogni genere di caccia, pesci, prati, campi e bestie. Invano: strasupera i frutti con le spese. Perciò concedo sia ricco, fino a che tutto finisce. Lodiamo il bosco, purchè ora lui sia proprio bisognoso.
115 – Minchia ha circa trenta iugeri di prato, quaranta di coltivo: il resto è mare. Perché non sia capace di superare Creso in ricchezza chi possieda in una sola boscaglia tanti beni, prati, coltivi, ingenti selve e boschi e paludi fino agli Iperborei ed al mare Oceano? Tutto questo è grande, ma lui proprio è massimo, di più, non un uomo, davvero una gran minchia minaccioso.
116 – Spesso con spirito ansioso da caccia ricercando poesie di Battiade da poterti mandare, per mitigarti con noi, e non tentassi di inviarci armi micidiali fin sulla testa, questo vedo adesso che me lo son preso come fatica invano, Gellio, né qui sono valse le nostre preghiere. Contro di noi queste tue armi le evitiamo col mantello, ma trafitto dalle nostre ne pagherai il tormento.