De Bello Civili, III, 64 (“L’eroico sacrificio di un soldato vessillifero”)

Hoc tumultu nuntiato Marcellinus cohortes subsidio nostris laborantibus submittit ex castris; quae fugientes conspicatae neque illos suo adventu confirmare potuerunt neque ipsae hostium impetum tulerunt. Itaque quodcumque addebatur subsidii, id corruptum timore fugientium terrorem et periculum augebat; hominum enim multitudine receptus impediebatur. In eo proelio cum gravi vulnere esset affectus aquilifer et a viribus deficeretur, conspicatus equites nostros, “hanc ego,” inquit, “et vivus multos per annos magna diligentia defendi et nunc moriens eadem fide Caesari restituo. Nolite, obsecro, committere, quod ante in exercitu Caesaris non accidit, ut rei militaris dedecus admittatur, incolumemque ad eum deferte”. Hoc casu aquila conservatur omnibus primae cohortis centurionibus interfectis praeter principem priorem.

All’annuncio di questo assalto improvviso, Marcellino manda dal campo coorti in aiuto ai nostri in difficoltà, ma queste trovarono i nostri in fuga e non poterono col loro arrivo infondere coraggio; esse stesse non sostennero l’assalto nemico. E così, qualunque aiuto inviato, contaminato dal terrore dei fuggitivi, aumentava a sua volta terrore e pericolo: infatti la ritirata veniva impedita dal gran numero di uomini. In quella battaglia un aquilifero, ferito gravemente, mentre già gli venivano meno le forze, alla vista dei nostri cavalieri disse: “Quest’aquila io da vivo per molti anni l’ho difesa con grande zelo e ora, morendo, la restituisco a Cesare con la medesima fedeltà. Vi prego, non permettete che sia commesso atto vergognoso per l’onore militare, cosa che mai è avvenuta prima nell’esercito di Cesare, e consegnategliela intatta”. In tal modo l’aquila fu salvata, sebbene fossero uccisi tutti i centurioni della prima coorte, eccetto il centurione al comando della prima centuria.