“Boni contro improbi”

Sic enim existimare debetis, Quirites, post hominum memoriam rem nullam maiorem, magis periculosam, magis ab omnibus vobis providendam neque a tribuno plebis susceptam neque a consule defensam neque ad populum Romanum esse delatam. Agitur enim nihil aliud in hac causa, Quirites, nisi ut nullum sit posthac in re publica publicum consilium, nulla bonorum consensio contra improborum furorem et audaciam, nullum extremis rei publicae temporibus perfugium et praesidium salutis. Quae cum ita sint, primum, quod in tanta dimicatione capitis, famae fortunarumque omnium fieri necesse est, ab Iove Optimo Maximo ceterisque dis deabusque immortalibus, quorum ope et auxilio multo magis haec res publica quam ratione hominum et consilio gubernatur, pacem ac veniam peto precorque ab eis ut hodiernum diem et ad huius salutem conservandam et ad rem publicam constituendam inluxisse patiantur. Deinde vos, Quirites, quorum potestas proxime ad deorum immortalium numen accedit, oro atque obsecro, quoniam uno tempore vita C. Rabiri, hominis miserrimi atque innocentissimi, salus rei publicae vestris manibus suffragiisque permittitur, adhibeatis in hominis fortunis misericordiam, in rei publicae salute sapientiam quam soletis.

Così infatti, o Romani, dovete valutare che a memoria d’uomo (non c’è) nessuna cosa più importante, più rischiosa, e che maggiormente da tutti voi deve essere considerata con prudenza, né che è stata intrapresa da un tribuno della plebe, né che è stata tutelata da un console, né che è stata presentata al popolo romano. In effetti in questo processo non si discute di null’altro, o Romani, se non del fatto che in futuro nella repubblica non ci sia nessuna assemblea pubblica, nessuna alleanza dei (cittadini) onesti contro la furia e l’insolenza dei malvagi, nessun rifugio e nessuna garanzia di benessere nelle congiunture più gravi della repubblica. Dal momento che le cose stanno così, poiché in una così grave contesa capite bene che ne va della gloria e delle sorti di tutti, è necessario per prima cosa che io invochi la benevolenza e il favore da Giove Ottimo Massimo e da tutti gli altri dei e dee immortali, dalla cui autorità e protezione questa repubblica è governata assai più che dal raziocinio e dalla saggezza degli uomini, e imploro essi affinché facciano sì che il giorno odierno sia venuto alla luce sia per preservare il benessere della repubblica sia per fondare una (nuova) repubblica. In seconda battuta scongiuro e supplico voi, o Romani, il cui potere si avvicina molto alla potenza degli dei immortali, poiché la vita di C. Rabirio, uomo infelicissimo e assolutamente innocente, e il benessere della repubblica sono rimessi contemporaneamente nelle vostre mani e nei vostri suffragi, di dimostrare riguardo alla sorte dell’uomo la misericordia, riguardo al benessere della repubblica la saggezza di cui siete soliti far mostra.