Q. Mucius augur multa narrare de C. Laelio socero suo memoriter et iucunde solebat nec dubitare illum in omni sermone appellare sapientem; ego autem a patre ita eram deductus ad Scaevolam sumpta virili toga, ut, quoad possem et liceret, a senis latere numquam discederem; itaque multa ab eo prudenter disputata, multa etiam breviter et commode dicta memoriae mandabam fierique studebam eius prudentia doctior. Quo mortuo me ad pontificem Scaevolam contuli, quem unum nostrae civitatis et ingenio et iustitia praestantissimum audeo dicere. Sed de hoc alias; nunc redeo ad augurem.
Quinto Mucio, l’augure, soleva raccontare piacevolmente affidandosi alla memoria, molte cose intorno a Gaio Lelio, suo suocero, e non esitava a chiamarlo, in ogni discorso, “sapiente”; io, poi, presa la toga virile, ero stato condotto dal padre mio a Scevola con l’intenzione che, finché potessi e mi fosse consentito , non mi allontanassi mai dal fianco del vecchio, e così molte cose da lui con sapienza discusse, molte dette con brevità e garbo, le mandavo a memoria e mi studiavo di farmi con la sua esperienza più dotto. Morto lui, mi sono recato da Scevola pontefice, che oso dire superiore per ingegno e rettitudine a tutti i nostri concittadini. Ma di lui un’altra volta: adesso ritorno all’augure.