“Ambizione di Pausania”

Pausanias Lacedaemonius magnus homo, sed varius in omni genere vitae fuit: nam ut virtutibus eluxit, sic vitiis est obrutus. Huius illustrissimum est proelium apud Plataeas. Namque illo duce Mardonius, satrapes regius, natione Medus, regis gener, in primis omnium Persarum et manu fortis et consilii plenus, cum CC milibus peditum, quos viritim legerat, et XX equitum haud ita magna manu Graeciae fugatus est, eoque ipse dux cecidit proelio. Qua victoria elatus plurima miscere coepit et maiora concupiscere. Sed primum in eo est reprehensus, quod [cum] ex praeda tripodem aureum Delphis posuisset epigrammate scripto, in quo haec erat sententia: suo ductu barbaros apud Plataeas esse deletos, eiusque victoriae ergo Apollini id donum dedisse. Hos versus Lacedaemonii exsculpserunt neque aliud scripserunt quam nomina earum civitatum, quarum auxilio Persae erant victi.

Pausania, Spartano, fu un uomo grande, ma volubile in ogni circostanza della vita: infatti, come brillò per virtù, così fu travolto dai vizi. La sua impresa più famosa è la battaglia di Platea. Sotto la sua guida, Mardonio, satrapo del re, di nazionalità Meda, genero del re, valoroso in guerra e molto prudente, più di tutti i Persiani, da un piccolo esercito della Grecia fu messo in fuga con duecentomila fanti, che Pausania aveva scelto uno ad uno, e ventimila cavalieri; in tale battaglia cadde lo stesso comandante. Insuperbito da questa vittoria cominciò a sconvolgere ogni cosa e a desiderare ardentemente successi più grandi. Ma anzitutto fu rimproverato per il fatto che aveva posto a Delfi un tripode d’oro del bottino di guerra con un’iscrizione nella quale c’erano queste parole: “Sotto la sua guida i barbari erano stati sconfitti a Platea e per tale vittoria aveva fatto il dono ad Apollo”. Gli Spartani cancellarono con lo scalpello queste parole e non scrissero altro che i nomi di quelle città con l’aiuto delle quali i Persiani erano stati sconfitti.