Huc ex Asia Sulla decedens cum venisset, quamdiu ibi fuit, secum habuit Pomponium, captus adulescentis et humanitate et doctrina. Sic enim Graece loquebatur, ut Athenis natus videretur; tanta autem suavitas erat sermonis Latini, ut appareret in eo nativum quendam leporem esse, non ascitum. Item poemata pronuntiabat et Graece et Latine sic, ut supra nihil posset addi. Quibus rebus factum est ut Sulla nusquam eum ab se dimitteret cuperetque secum deducere. Qui cum persuadere temptaret, ‘Noli, oro te’, inquit Pomponius ‘adversum eos me velle ducere, cum quibus ne contra te arma ferrem, Italiam reliqui’. At Sulla adulescentis officio collaudato omnia munera ei, quae Athenis acceperat, proficiscens iussit deferri. Hic complures annos moratus, cum et rei familiari tantum operae daret, quantum non indiligens deberet pater familias, et omnia reliqua tempora aut litteris aut Atheniensium rei publicae tribueret, nihilo minus amicis urbana officia praestitit. Nam et ad comitia eorum ventitavit, et si qua res maior acta est, non defuit. Sicut Ciceroni in omnibus eius periculis singularem fidem praebuit; cui ex patria fugienti HS ducenta et quinquaginta milia donavit. Tranquillatis autem rebus Romanis remigravit Romam, ut opinor, L. Cotta et L. Torquato consulibus. Quem discedentem sic universa civitas Atheniensium prosecuta est, ut lacrimis desiderii futuri dolorem indicaret.
Quando Silla nel suo ritorno dall’Asia giunse qua, per tutto il tempo che vi si trattenne, volle presso di sé Pomponio, conquistato dalla gentilezza e dalla cultura del giovane: parlava il greco così bene da sembrare nato in Atene; ma, nella sua conversazione latina, vi era tanta dolcezza che era chiaro che possedesse una certa quale grazia naturale, non acquisita. Recitava poi poesie greche e latine con una perfezione insuperabile. Per tutti questi motivi Silla lo volle sempre accanto a sé e desiderava portarlo con sé. E mentre cercava di convincerlo: “Ti prego”, gli disse Pomponio, “di non volermi portare contro quelli a causa dei quali dovetti lasciare l’Italia per non prendere con loro le armi contro di te”. Ma Silla lodò molto lo scrupolo leale del giovane, e partendo ordinò che fossero trasferiti a lui tutti i donativi che aveva rice*vuto ad Atene. Qui rimase molti anni, attendendo al patrimonio familiare tanto quanto è dovere di un oculato capo di famiglia, dedicando tutto il resto del tempo alla cultura o allo Stato ateniese; ma ebbe modo di prestare i suoi servigi anche agli amici di Roma. Infatti andò più volte alle loro campagne elettorali e non mancò quando si trattò qualche problema particolarmente importante. Per esempio a Cicerone mostrò una fedeltà straordinaria in tutti i suoi gravi frangenti; e quando questi lasciò la patria per l’esilio, gli fece dono di duecentocinquantamila sesterzi. Quando la situazione a Roma fu tornata tranquilla, vi fece ritorno sotto il consolato, mi pare, di L. Cotta e Lucio Torquato; alla sua partenza lo accompagnò tutta la popolazione ateniese dimostrando con le lacrime il dispiacere del futuro rimpianto.