“Elogio di Cicerone” (2)

Nam mihi videtur M. tullius, cum se totum ad imitationem Graecorum contulisset, effinxisse vim Demosthenis, copiam Platonis, iucunditatem Isocratis. Nec vero quod in quoque optimum fuit studio consecutus est tantum, sed plurimas vel potius omnes ex se ipso virtutes extulit inmortalis ingenii beatissima ubertas. Non enim pluvias, ut ait Pindarus, aquas colligit, sed vivo gurgite exundat, dono quodam providentiae genitus in quo totas vires suas eloquentia experiretur. Nam quis docere diligentius, movere vehementius potest? Cui tanta umquam iucunditas adfuit? Ut ipsa illa quae extorquet impetrare eum credas, et cum transversum vi sua iudicem ferat, tamen ille non rapi videatur sed sequi. Iam in omnibus quae dicit tanta auctoritas inest ut dissentire pudeat, nec advocati studium sed testis aut iudicis adferat fidem, cum interim haec omnia, quae vix singula quisquam intentissima cura consequi posset, fluunt inlaborata, et illa qua nihil pulchrius auditum est oratio prae se fert tamen felicissimam facilitatem.

A me pare infatti che Marco Tullio, nel suo dedicarsi interamente all’imitazione dei greci, abbia riprodotto la forza di Demostene, ricchezza di Platone e l’arrendevolezza di Isocrate. Ma tutti pregi che si trovano in quegli autori non gli era giunti soltanto con lo studio: la maggior parte delle sue virtù (o meglio, tutte) le ha prodotte la felicissima ricchezza del suo talento immortale, traendole da se stesso. Non si limita infatti a raccogliere, come dice Pindaro, le acque piovane, ma trabocca con la sua viva corrente: la sua nascita è stato un dono della provvidenza, affinché l’eloquenza potesse mettere alla prova in lui tutte le proprie possibilità. Dovrebbe infatti formare gli ascoltatori con maggior diligenza? Chi ha mai avuto il fascino così grande? Potresti addirittura credere che le ammissioni che estorce egli ne ottenga semplicemente, e che, quando trascina il giudice e gli fa cambiare opinione con la forza della sua eloquenza, si ha l’impressione che il giudice non venga rapito ma che lo segua docilmente. C’è poi in tutte le parole che dice una tale autorità che si prova vergogna a dissentire da lui; non porta nei processi la borsetta dell’avvocato, ma l’attendibilità di un testimone o di un giudice; tutti questi pregi che, a stento,uno per uno, si potrebbero raggiungere dopo uno studio intensissimo, scorrono in lui senza fatica; il suo famoso stile, il più bello che si sia mai ascoltato, ma sono felicissima spontaneità.