Notum est xanthippem, Socratis philosophi uxorem, admodum morosam fuisse et iurigiosam, cum irarum et molestiarum muliebrium per diem perque noctem scateret. Cum Alcibiades, Socratis discipulis, faminae intemperies in maritum cognosceret, interrogavit Socratem: “Cur mulierem tam acerbam domo non exigis?”. “Quoniam – inquit Socrates – cum illam domi talem tolero, insuesco et exerceor ut ceterorum quoque foris petulantiam et inuriam facilius tolerem”. Varro quoque in satura Menippea “De officio mariti” scripsit: “Vitium uxoris aut tollite aut tollerate. Qui tollit vitium, uxorem commodiorem praestat, qui tolerat sese meliorem facit”. Denique, ita Varro censuit: “Toleremus vitia uxoris, si corrigi non possunt et si tolerari a viro possunt vitia enim flagitiis leviora sunt”.
E’ noto che Santippe, moglie del filosofo Socrate, fu assai bisbetica e litigiosa, essendo pronta ad erompere in ira e pedanterie femminili di giorno e di notte. Alcibiade, discepolo di Socrate, venendo a conoscenza delle intemperanze della donna contro il marito, chiese a Socrate: “Perchè non cacci di casa una donna tanto cattiva?”. “Perchè – disse Socrate – come la sopporto a casa, mi abituo e mi esercito per sopportare assai facilmente anche la petulanza e l’offesa degli altri nelle piazze”. Anche Varrone nella satira Menippea “Riguardo al dovere del marito” scrisse: “O educate o tollerate il vizio della moglie. Colui che educa il vizio, rende la moglie assai piacevole, colui che tollera si rende migliore”. Infine, Varrone così decreta: “Tolleriamo i vizi della moglie, se non possono essere corretti e se possono essere tollerati dal marito infatti i vizi sono più futili dei misfatti”.