C. Octavius testamento Caesaris patris Brundisii se in Iuliam gentem adscivit. Cumque hora diei tertia ingenti circumfusa multitudine Romam intraret, sol puri ac sereni caeli orbe modico inclusus extremae lineae circulo, qualis tendi arcus in nubibus solet, eum circumscripsit. Ludis Veneris Genetricis, quos pro collegio fecit, stella hora undecima crinita sub septentrionis sidere exorta convertit omnium oculos. Quod sidus quia ludis Veneris apparuit, divo Iulio insigne capitis consecrari placuit. Ipsi Caesari monstrosa malignitate Antonii consulis multa perpesso generosa fuit ad restistendum constantia. Terrae motus crebri fuerunt. Fulmine navalia et alia pleraque tacta. Turbinis vi simulacrum, quod M. Cicero ante cellam Minervae pridie quam plebiscito in exilium iret posuerat, dissipatum membris pronum iacuit, fractis humeris bracchiis capite; dirum ipsi Ciceroni portendit. Tabulae aeneae ex aede Fidei turbine evulsae. Aedis Opis valvae fractae. Arbores radicitus et pleraque tecta eversa. Fax caelo ad occidentem visa ferri. Stella per dies septem insignis arsit. Soles tres fulserunt, circaque solem imum corona spiceae similis in orbem emicuit, et postea in unum circulum sole redacto multis mensibus languida lux fuit. In aede Castoris nominum litterae quaedam Antonii et Dolabellae consulum excussae sunt, quibus utrisque alienatio a patria significata. Canum ululatus nocte ante domum auditi, ex his maximus a ceteris laniatus turpem infamiam Lepido portendit. Hostiae grex piscium in sicco reciproco maris fluxu relictus. Padus inundavit et intra ripam refluens ingentem viperarum vim reliquit. Inter Caesarem et Antonium civilia bella exorta.
Secondo le disposizioni testamentarie del patrigno Cesare, a Brindisi C. Ottavio entrò a far parte della gens Iulia. Quando egli, alla terza ora del giorno, entrò in Roma circondato da una enorme folla, il Sole, circondato da un piccolo cerchio di pura e calma luce, lo cinse con la parte finale di un arco simile a quello che l’arcobaleno dispiega in cielo. Durante la celebrazione dei giochi in onore di Venere Genitrice, che istituì per la colleganza, una cometa apparsa all’undicesima ora sotto la costellazione dell’Orsa attirò gli occhi di tutti. Poiché questa stella era apparsa durante i giochi di Venere si decise di dedicarla al Divo Giulio. Con grande tenacia il nuovo Cesare s’oppose all’inumana cattiveria di Antonio. Si verificarono frequenti terremoti. I navigli e molte altre zone e cose furono colpite da fulmini. Una statua che Cicerone aveva fatto innalzare davanti alla cappella di Minerva il giorno prima del suo esilio per plebiscito, cadde in frantumi ““ testa, omeri, braccia rotte ““ a causa di una violenta tromba d’aria: terribile presagio per Cicerone. Una tromba d’aria rapì via dal tempio della Fede le tavole di bronzo. Le porte del tempio di Opi vennero squassate; alberi sradicati e abitazioni scoperchiate. Apparve in cielo una cometa: puntò verso occidente. La grande cometa brillò per sette giorni. Splendettero tre soli e intorno alla parte bassa del Sole brillò una corona simile ad una spiga e poi, quando il Sole si ridusse ad un solo cerchio, la luce fu flebile per molti mesi. Nel tempio di Castore, si staccarono alcune lettere corrispondenti ai nomi di Antonio e Dolabella: presagio, per i due, di rottura con la patria. Latrati di cani furono uditi dinanzi all’abitazione di Lepido: il cane più grosso venne sbranato dagli altri: terribile presagio per Lepido. Ad Ostia, la risacca fece arenare un branco di pesci. Si verificò l’inondazione del Po: rifluendo nel suo letto, il fiume lasciò sulle sponde migliaia di vipere. Seguì puntualmente la guerra civile tra Cesare e Antonio.