Fabulae, 30 – Herculis athla duodecim ab Eurystheo imperata

Infans cum esset, dracones duos duabus manibus necavit, quos Iuno miserat, unde primigenius est dictus. Leonem Nemaeum, quem Luna nutrierat in antro amphistomo atrotum, necavit, cuius pellem pro tegumento habuit. Hydram Lernaeam Typhonis filiam cum capitibus novem ad fontem Lernaeum interfecit. Haec tantam vim veneni habuit, ut afflatu homines necaret, et si quis eam dormientem transierat, vestigia eius afflabat et maiori cruciatu moriebatur. Hanc Minerva monstrante interfecit et exinteravit et eius felle sagittas suas tinxit; itaque quicquid postea sagittis fixerat, mortem non effugiebat, unde postea et ipse periit in Phrygia. Aprum Erymanthium occidit. Cervum ferocem in Arcadia cum cornibus aureis vivum in conspectu Eurysthei regis adduxit. Aves Stymphalides in insula Martis, quae emissis pennis suis iaculabantur, sagittis interfecit. Augeae regis stercus bobile uno die purgavit, maiorem partem Iove adiutore; flumine ammisso totum stercus abluit. Taurum, cum quo Pasiphae concubuit, ex Creta insula Mycenis vivum adduxit. Diomedem Thraciae regem et equos quattuor eius, qui carne humana vescebantur, cum Abdero famulo interfecit; equorum autem nomina Podargus Lampon Xanthus Dinus. Hippolyten Amazonam, Martis et Otrerae reginae filiam, cui reginae Amazonis balteum detraxit; tum Antiopam captivam Theseo donavit. Geryonem Chrysaoris filium trimembrem uno telo interfecit. Draconem immanem Typhonis filium, qui mala aurea Hesperidum servare solitus erat, ad montem Atlantem interfecit, et Eurystheo regi mala attulit. Canem Cerberum Typhonis filium ab inferis regi in conspectum adduxit.

Era ancora in fasce che uccise, a mani nude, due enormi serpenti, inviatigli da Giunone, ragion per cui venne detto “primigenius”. Uccise, soffocandolo, il leone di Nemèa, che la Luna aveva allevato in un anfratto dotandolo di una pelle invulnerabile, che (Ercole) utilizzò come indumento. Uccise l’Idra di Lèrna, dalle nove teste, figlia di Tifone, nei pressi della sorgente di Lerna. Costei era dotata di una tal virulenza velenosa, da uccidere gli uomini col (solo) respiro, e se qualcuno le capitava vicino, mentre quella stava dormendo, e ne annusava l’odore che proveniva dalle zampe, moriva tra tormenti ancor più atroci. Riuscì ad ucciderla seguendo i suggerimenti di Minerva, la sventrò e col fiele (che ne ricavò) intinse le proprie frecce; di modo che, qualunque cosa avesse colpito, in seguito, con (quelle) frecce, andava incontro a morte sicura: tant’è vero che egli stesso morì in Frigia. Uccise il Cinghiale d’Erimanto. Portò al cospetto di Euristeo la terribile cerva dalle corna d’oro (che viveva) in Arcadia. Uccise, trafiggendoli con le frecce, gli Uccelli del Lago Stinfalo – nell’isola di Marte – che infilzavano (i malcapitati) lanciando le proprie penne (a mo’ di frecce). In un sol giorno, riuscì a nettare, in buona parte con l’aiuto di Giove, le stalle di Augia da stabbio e letame. Spazzò via il letame deviando (nelle stalle) il corso di un fiume. (L’eroe) catturò vivo e condusse a Micene il Toro dell’isola di Creta, col quale Pasife si era accoppiata. Uccise Diomede, re di Tracia, e le sue quattro cavalle, che si nutrivano di carne umana, insieme al servitore Abdero: le cavalle si chiamavano Podargo, Lampone, Xanto e Dino. Sottrasse il Cinto ad Ippolita, regina delle Amazzoni, figlia di Marte e della regina Otrera. Diede in isposa a Teseo Antiope, dopo averla fatta prigioniera. Uccise, con un sol colpo di freccia, Gerione, figlio di Crisaore, (gigante) con tre corpi. Uccise il gigantesco drago (Ladòne), figlio di Tifone, che custodiva i pomi d’oro (del giardino) delle Esperidi, sul monte Atlante, e portò i pomi al re Euristeo. Infine, condusse, dagli inferi al cospetto del re, il cane Cerbero, figlio di Tifone.