De Bello Gallico, VIII, 40

Cum contra exspectationem omnium Caesar Vxellodunum venisset oppidumque operibus clausum animadverteret neque ab oppugnatione recedi videret ulla condicione posse, magna autem copia frumenti abundare oppidanos ex perfugis cognosset, aqua prohibere hostem temptare coepit. Flumen infimam vallem dividebat, quae totum paene montem cingebat, in quo positum erat praeruptum undique oppidum Vxellodunum. Hoc avertere loci natura prohibebat: in infimis enim sic radicibus montis ferebatur, ut nullam in partem depressis fossis derivari posset. Erat autem oppidanis difficilis et praeruptus eo descensus, ut prohibentibus nostris sine vulneribus ac periculo vitae neque adire flumen neque arduo se recipere possent ascensu. Qua difficultate eorum cogmta Caesar sagittariis funditoribusque dispositis, tormentis etiam quibusdam locis contra facillimos descensus collocatis aqua fluminis prohibebat oppidanos.

Dopo aver raggiunto Uxelloduno contro le aspettative di tutti, vede che la città è già serrata dalle nostre fortificazioni e si rende conto che non si può più recedere dall’assedio. Saputo dai fuggiaschi che in città c’erano abbondanti scorte di grano, cercò di tagliare i rifornimenti idrici. Un fiume scorreva in mezzo a una valle profonda, che attorniava quasi tutto il monte su cui sorgeva Uxelloduno. La conformazione naturale della zona impediva di deviarlo: scorreva, infatti, così vicino ai piedi del monte, che non era assolutamente possibile scavare canali di derivazione. Ma gli assediati, per raggiungere il fiume, dovevano discendere una china disagevole e molto ripida: se i nostri li ostacolavano, non sarebbero riusciti né ad arrivare al fiume, né a ritirarsi per l’erta salita, senza il rischio di ferite o addirittura di morte. Appena Cesare si rese conto di tale difficoltà dei nemici, appostò arcieri e frombolieri e dispose anche macchine da lancio proprio nelle zone di fronte ai sentieri più praticabili, impedendo agli abitanti di attingere acqua dal fiume.