De Bello Gallico, VIII, 41

Quorum omnis postea multitudo aquatorum unum in locum conveniebat sub ipsius oppidi murum, ubi magnus fons aquae prorumpebat ab ea parte, quae fere pedum CCC intervallo fluminis circuitu vacabat. Hoc fonte prohiberi posse oppidanos cum optarent reliqui, Caesar unus videret, e regione eius vineas agere adversus montem et aggerem instruere coepit magno cum labore et continua dimicatione. Oppidani enim loco superiore decurrunt et eminus sine periculo proeliantur multosque pertinaciter succedentes vulnerant; non deterrentur tamen milites nostri vineas proferre et labore atque operibus locorum vincere difficultates. Eodem tempore cuniculos tectos ab vineis agunt ad caput fontis; quod genus operis sine ullo periculo, sine suspicione hostium facere licebat. Exstruitur agger in altitudinem pedum sexaginta, collocatur in eo turris decem tabulatorum, non quidem quae moenibus aequaret (id enim nullis operibus effici poterat), sed quae superare fontis fastigium posset. Ex ea cum tela tormentis iacerentur ad fontis aditum, nec sine periculo possent aquari oppidani, non tantum pecora atque iumenta, sed etiam magna hostium multitudo siti consumebatur.

Allora tutta la gente della città scese a prendere l’acqua in un solo luogo, proprio ai piedi delle mura, dove sgorgava una grande fonte, in corrispondenza della zona in cui, per un intervallo di circa trecento piedi, il fiume non chiudeva il suo anello intorno al monte. Tutti avrebbero voluto impedire agli assediati di avvicinarsi alla fonte, ma solo Cesare ne vide il modo: proprio dirimpetto cominciò a spingere le vinee sulle falde del monte e a costruire un terrapieno, a prezzo di grandi fatiche e continui scontri. Gli assediati, infatti, correvano giù dalle loro posizioni dominanti e dall’alto combattevano senza rischi e colpivano molti dei nostri che continuavano ad avanzare con tenacia; i nostri soldati, comunque, non si lasciano distogliere dal sospingere le vinee e dal superare le difficoltà del terreno con faticosi lavori. Al contempo, scavano gallerie sotterranee verso le vene e l’alveo della sorgente, un’operazione che si poteva effettuare senza alcun rischio. né sospetto da parte dei nemici. Viene costruito un terrapieno alto sessanta piedi, su cui è posta una torre di dieci piani, che doveva non tanto raggiungere l’altezza delle mura (un risultato impossibile con qualsiasi tipo di costruzione), quanto sovrastare il luogo dove nasceva la sorgente. Dalla torre le macchine da lancio scagliavano dardi verso l’accesso alla fonte e gli abitanti non potevano rifornirsi senza pericolo. Così, non solo il bestiame e i giumenti soffrivano la sete, ma anche la grande massa dei nemici.