Tum sacerdotibus creandis animum adiecit, quamquam ipse plurima sacra obibat, ea maxime quae nunc ad Dialem flaminem pertinent. Sed quia in civitate bellicosa plures Romuli quam Numae similes reges putabat fore iturosque ipsos ad bella, ne sacra regiae vicis desererentur flaminem Iovi adsiduum sacerdotem creavit insignique eum ueste et curuli regia sella adornavit. Huic duos flamines adiecit, Marti unum, alterum Quirino, virginesque Vestae legit, Alba oriundum sacerdotium et genti conditoris haud alienum. His ut adsiduae templi antistites essent stipendium de publico statuit; virginitate aliisque caerimoniis venerabiles ac sanctas fecit. Salios item duodecim Marti Gradiuo legit, tunicaeque pictae insigne dedit et super tunicam aeneum pectori tegumen; caelestiaque arma, quae ancilia appellantur, ferre ac per urbem ire canentes carmina cum tripudiis sollemnique saltatu iussit. Pontificem deinde Numam Marcium Marci filium ex patribus legit eique sacra omnia exscripta exsignataque attribuit, quibus hostiis, quibus diebus, ad quae templa sacra fierent, atque unde in eos sumptus pecunia erogaretur. Cetera quoque omnia publica priuataque sacra pontificis scitis subiecit, ut esset quo consultum plebes veniret, ne quid divini iuris neglegendo patrios ritus peregrinosque adsciscendo turbaretur; nec caelestes modo caerimonias, sed iusta quoque funebria placandosque manes ut idem pontifex edoceret, quaeque prodigia fulminibus alIove quo visu missa susciperentur atque curarentur. Ad ea elicienda ex mentibus divinis Iovi Elicio aram in Aventino dicavit deumque consuluit auguriis, quae suscipienda essent.
Quindi rivolse la sua attenzione ai sacerdoti: bisognava nominarli, nonostante egli stesso fosse preposto a parecchi riti sacri, soprattutto quelli che oggi sono di competenza del flamine Diale. Ma poiché riteneva che in un paese bellicoso i re del futuro sarebbero stati più simili a Romolo che non a Numa e sarebbero andati di persona a combattere, non voleva che passassero in secondo piano le attribuzioni sacerdotali del re. Quindi designò un flamine a sacerdote unico e perpetuo di Giove, dotandolo di una veste speciale e della sedia curule, simbolo dell’autorità regale. A lui aggiunse altri due flamini, uno per Marte e uno per Quirino. Inoltre sceglie delle vergini da porre al servizio di Vesta, sacerdozio questo di origine albana e in qualche modo connesso con la famiglia del fondatore. Per permettere loro di dedicarsi esclusivamente al servizio del tempio, fece assegnare a esse uno stipendio dallo stato e, a causa della verginità e di altre cerimonie rituali, le rese sacre e inviolabili. Scelse anche dodici Salii per Marte Gradivo e garantì loro la possibilità di distinguersi vestendo una tunica ricamata e provvista di una placca di bronzo sul petto. Inoltre ordinò loro di portare gli scudi caduti dal cielo (noti come ancilia) e di compiere processioni in città cantando inni accompagnati da solenni passi di danza in tre tempi. Poi nomina pontefice un senatore, Numa Marcio, figlio di Marcio, cui fornisce dettagliate istruzioni scritte per tutte le cerimonie sacre: i tipi di vittime, i giorni prescritti, i templi in cui celebrare i vari riti e le risorse cui fare capo per mantenerne le spese. Subordinò all’autorità del pontefice anche tutte le altre cerimonie di natura pubblica e privata, in modo tale che la gente comune avesse un qualche punto di riferimento e che nessun elemento della sfera religiosa dovesse subire alterazioni di sorta, dovute a negligenze dei riti nazionali o all’adozione di culti di importazione. Inoltre il pontefice doveva diventare un esperto e attento interprete non solo delle cerimonie legate alle divinità celesti, ma anche delle pratiche funerarie, di quelle di propiziazione dei mani e dell’interpretazione dei presagi legati ai fulmini o ad altre manifestazioni. Per desumere questi mistici segreti dallo spirito dei numi, innalzò sull’Aventino un altare in onore di Giove Eliio e fece consultare il dio attraverso degli auguri per vedere di quali prodigi si dovesse tener conto.