Post cladem Cannensem, in qua milia Romanorum militum perierant, pauci superfuerant, senatus, omnibus consentientibus, ad P. Cornelium Scipionem, admodum iuvenem, maximum imperium commisit, ut rei publicae saluti provideret. Olim ei, qui senatus consilio intererat, nuntiatum est aliquot nobiles iuvenes, de rei punlicae salute desperantes, statuisse, deserta italia, in asiam apud barbarum regem se transferre. Tum Scipio, consilio dimisso, statim ad illum, qui conspirationis auctor erat, advenit et, cum ibi concilium iuvenum, de quibus supra dictum ast, invenisset, stricto super illorum capita gladio: “Ut ego – inquit – rem publicam romanam in adversis rebus non deseram, sic non sinam ream ab alio cive Romano deseri. Iurate igitur vos numquam patriam vestram deserturos (esse)!”. Iuraverunt illi et semper patriae Scipionique fideles fuerunt.
Dopo la battaglia di Canne, in cui erano morti migliaia di soldati romani e pochi erano sopravvissuti, il senato, con il consenso di tutti, affidò il supremo potere a Publio Cornelio Scipione, assai giovane, perchè provvedesse alla salvezza dello stato. Una volta a lui che partecipava ad una riunione del senato fu annunciato che alcuni giovani nobili, disperando della salvezza dello stato, avevano deciso, abbandonata l’Italia, di trasferirsi in Asia presso il re barbaro. Allora Scipione, sciolta l’assemblea, subito andò da quello che era il fautore della cospirazione e, avendo trovato il gruppo di giovani, di cui si è detto sopra, impugnata la spada sopra le loro teste disse: “Come io non abbandonerò lo Stato romano nelle avversità, così non permetterò che esso sia abbandonato da un altro cittadino romano. Giurate dunque che voi mai abbandonerete la vostra patria!”. Quelli giurarono e furono sempre fedeli alla patria e a Scipione.