Dolorem ex morte Iunii Aviti gravissimum cepi, quod in primo aetatis flore exstinctus est iuvenis tantae indolis, maxima consecutus, summa consecuturus, si virtutes eius maturescere potuissent. Ille in domo mea latum clavum inderat; me diligebat, me verebatur, me quasi magistro utebatur. Rarum hoc est in adulescentibus nostris; nam quasi cedit vel aetati cuiusdam vel auctoritati? Adulescentes arbitrantur se statim sapere et scire omnia, nec quemquam verentur nec imitantur. Sed non Avitur, qui semper discere volebat et omnes prudentiores quam se arbitrabatur. Semper ille aliquem consulebat aut de studiis aut de officiis vitae. Secutus est ut comes Servianum legatum ex germania en Pannoniam transeuntem. Et labores virtutesque eius et nostri sermones obversantur oculis meis. Afficior magno dolore ob mortem illius nec nunc ullam aliam cogitationem quam de eo habere possum.
Ho provato un dolore grandissimo dalla morte di Giulio Avito, poiché un giovane di cosi straordinaria indole venne a mancare all’inizio della giovinezza dopo avere ottenuto grandissimi onori, destinato ad ottenere cose ancora più grandi se le sue qualità avessero potuto maturare. Egli in casa mia aveva indossato il laticlavio; mi amava, mi rispettava, si serviva di me come di un maestro. Ciò è raro nei nostri adolescenti; infatti chi si sottomette all’età e all’autorità di una persona? Gli adolescenti ritengono di essere subito sapienti e di sapere tutto, e non temono né imitano nessuno. Ma non Avitio, che voleva sempre imparare e riteneva tutti più saggi di lui. Egli consultava sempre qualcuno o sugli studi o sui compiti della vita. Seguì come compagno Serviano che passava dalla Germania alla Pannonia in qualità di ambasciatore. E le sue fatiche e le sue virtù e i nostri discorsi sono presenti davanti i miei occhi. Sono afflitto da un grande dolore a causa della sua morte ed ora non posso avere nessun altro pensiero che di lui.