Sit ergo nobis orator quem constituimus is qui a M. Catone finitur vir bonus dicendi peritus, verum, id quod et ille posuit prius et ipsa natura potius ac maius est, utique vir bonus: id non eo tantum quod, si vis illa dicendi malitiam instruxerit, nihil sit publicis privatisque rebus perniciosius eloquentia, nosque ipsi, qui pro virili parte conferre aliquid ad facultatem dicendi conati sumus, pessime mereamur de rebus humanis si latroni comparamus haec arma, non militi. Quid de nobis loquor? Rerum ipsa natura, in eo quod praecipue indulsisse homini videtur quoque nos a ceteris animalibus separasse, non parens sed noverca fuerit si facultatem dicendi sociam scelerum, adversam innocentiae, hostem veritatis invenit. Mutos enim nasci et egere omni ratione satius fuisset quam providentiae munera in mutuam perniciem convertere.
Dunque, l’oratore che noi abbiamo così formato, e di cui M. Catone ha dato la definizione di uomo onesto esperto nel parlare, questo sia perché quello l’ha detto prima sia perché la natura stessa è più dignitosa e più nobile: se l’abilità nel parlare disponesse della cattiveria dalla natura, niente sarebbe più dannoso dell eloquenza sia alle cose pubbliche che a quelle private, e noi stessi che siamo dalla parte dell uomo che tentammo di giovare a qualcuno con la capacità oratoria ci comportiamo malissimo nei confronti delle cose degli uomini se diamo questi strumenti al ladro e non al soldato. Cosa si dirà di noi? La stessa natura delle cose in quello che sembra essere benevolo agli uomini e in quello che ci distingue dagli animali, non madre ma matrigna sarebbe stata se avesse inventato l’abilità nel parlare alleata della frode avversa all’onestà e nemica della verità. Infatti, sarebbe stato meglio che gli uomini nascessero muti e privi di qualunque razionalità, piuttosto che trasformare in strumenti di reciproca rovina i doni della provvidenza.