De Beneficiis, I, 6

Quid est ergo beneficium? Benevola actio tribuens gaudium, capiensque tribuendo, in id quod facit prona, et sponte sua parata. Raque non quid fiat, aut quid detur, refert, sed qua mente: quia beneficium non in eo quod fit aut datur, consistit, sed in ipso dantis aut facientis animo. Magnum autem esse inter ista discrimen, vel ex hoc intelligas licet, quod beneficium utique bonum est: id autem quod fit, aut datur, nec bonum, nec malum est. Animus est, qui parua extollit, sordida illustrat, magna et in pretio habita dehonestat: ipsa, quae appetuntur, neutram naturam habent, nec boni, nec mali; refert, quo ille rector impellat, a quo forma datur rebus. Non est ergo beneficium ipsum, quod numeratur, aut traditur; sicut nec in victimis quidem, licet opimae sint, auroque praefulgeant, deorum est honos; sed pia ac recta voluntate venerantium. Itaque boni etiam farre ac fitilla religiosi sunt; mali rursus non effugiunt impietatem, quamuis aras sanguine multo cruentaverint.

Che cos’è, dunque, il beneficio? Un’azione benevola che procura gioia e gioisce nel procurarla, accompagnata da una inclinazione e da una disposizione d’animo a compierla. Perciò, non importa ciò che si fa o si dà, ma con quale intenzione, per. ché il beneficio consiste non in ciò che si fa o si dà, ma proprio nella disposizione d’animo di chi dà odi chi fa. Che ci sia una gran differenza tra queste cose, si può capire anche dal fatto che il beneficio è in ogni caso un bene, mentre ciò che si fa o si dà non è né un bene né un male. E la disposizione d’animo che rende grandi le piccole cose, nobilita le cose meschine, rende misere le cose considerate importanti e pregiate; persino le cose che noi desideriamo hanno una natura indifferente, né di bene né di male: ciò che conta è dove le orienta colui che le governa e che dà loro forma. L’essenza del beneficio non consiste in ciò che si possiede o che passa da una mano all’altra, così come l’onore reso agli dèi non consiste affatto nelle vittime, ma nella volontà onesta e religiosa di chi li venera. Pertanto, ai buoni basta un po’ di farro e del vasellame di terracotta per mostrare la loro devozione; i malvagi, invece, non sfuggono all’empietà, per quanti altari bagnino di sangue.

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