De tranquillitate animi, 15

In hoc ita flectendi sumus, ut omnia vulgi vitia non invisa nobis, sed ridicula videantur, et Democritus nos iuvet potius quam Heraclitus: hic enim, quotiens in publicum processerat, flebat, ille ridebat; huic omnia quae agimus miseriae, illi ineptiae videbantur. Elevanda ergo ominia et facili animo ferenda sunt: humanius est deridere vitam quam deplorare, humanum quoque genus melius adiuvat qui ridet illud quam qui luget: ille aliquid sperat, hic autem stulte deflet quae corrigi posse desperat. Satius autem est publicos mores et humana vitia placide accipere nec ea ridere nec nimis flere: nam aliena mala dolere aeterna miseria est, aliena mala gaudere voluptas inhumana.

In ciò dobbiamo esser persuasi tanto che tutti i vizi della gente ci sembrino non odiosi, ma ridicoli, e che Democrito ci sia gradito piuttosto che Eraclito: questo infatti, ogni volta che compariva in pubblico, piangeva, quello rideva; a questo ogni cosa che facciamo sembrava miseria, a quello sciocchezza. Dunque bisogna alleviare e sopportare ogni cosa con animo sereno: è più conforme alla natura umana deridere la vita piuttosto che piangervi sopra, è più utile al genere umano chi lo deride di chi lo piange: quello spera in qualcosa, questo invece stoltamente piange ciò che dispera possa esser corretto. È sufficiente poi sopportare tranquillamente i costumi pubblici e gli umani vizi e non deriderli né piangere troppo: infatti dolersi per i mali altrui è una sciagura senza fine, godere dei mali altrui un piacere crudele.